#accaddeoggi: 3 aprile 1948
Hanry Truman firma il Piano Marshall
Il 3 aprile 1948, il presidente degli Stati Uniti Harry Truman firmò il Piano Marshall, il cui nome ufficiale era European Recovery Program (ERP) ovvero Piano per la ripresa europea.
Divenne noto come piano Marshall, dal nome del segretario di Stato statunitense George Marshall, che aveva annunciato al mondo, il 5 giugno 1947, la decisione degli Stati Uniti d’America di avviare l’attuazione di un piano di aiuti economico-finanziari. Affluiranno così all’Europa poco più di 14 miliardi di dollari per un periodo di quattro anni.
Per quanto riguarda in particolare l’Italia, gli aiuti consistevano nel finanziamento dei saldi positivi accumulatisi nella bilancia commerciale italiana, relativamente agli scambi tra Italia e Stati Uniti. Ciò significava, in pratica, che l’Italia poteva ottenere “gratis”, per quattro anni, macchinari e materie prime dalla grande industria americana. Il governo degli Stati Uniti, cioè, finanziò le esportazioni (verso l’Italia e anche verso gli altri paesi che avevano accettato il Piano Marshall) degli imprenditori del proprio paese, con il duplice vantaggio, per esso, di contenere un incipiente crisi di sovrapproduzione della grande industria americana e di affermarne il predominio mondiale nella produzione di macchinario industriale e nel controllo delle materie prime.
Né ciò comportò nessun costo finanziario effettivo, perché con il sistema monetario vigente dopo la conferenza di Bretton Woods (che, nel luglio 1944, definì un nuovo assetto monetario internazionale che ristabiliva cambi fissi tra le monete ma sostituendo nel ruolo di moneta di riserva il dollaro alla sterlina, secondo il sistema del gold exchange standard, cioè scambio monetario con l’oro), gli Stati Uniti poterono finanziare le proprie spese all’estero, semplicemente stampando nuovi dollari, dato che il dollaro dal 1944, non era più soltanto una moneta americana ma anche una moneta mondiale, di riserva, che tutte le banche centrali potevano considerare esattamente come l’oro, per pagare i saldi passivi del commercio dei loro paesi.
I vantaggi furono comunque enormi anche per il mondo industriale italiano. Da una parte, i maggiori imprenditori italiani trassero vantaggio dalla grande riforma intrapresa dal ministro del Commercio estero del Governo De Gasperi, il repubblicano Ugo La Malfa, che abolì il protezionismo doganale dell’Italia crispiana, giolittiana e fascista e introdusse la “liberalizzazione degli scambi” con i paesi stranieri. Dall’altra, l’effetto benefico dell’esportazione dei prodotti industriali italiani fu ottenuto grazie al fatto che l’Italia godette del cosiddetto Piano Marshall.
All’inizio degli anni Cinquanta, in conclusione, nonostante il tragico problema di 2 milioni di disoccupati, lo slancio produttivo dell’Italia fu immediatamente avvertito, perché le merci italiane godevano di una vasta diffusione nel mercato interno ma anche in quello europeo.
Tutto questo a prezzo, però, di un legame ormai organico con il capitalismo internazionale e strettissimo con quello degli Stati Uniti d’America. Da allora in avanti, ogni momento di crisi del capitalismo internazionale era destinato a riflettersi nell’economia italiana.
Il Piano Marshall nelle biblioteche del Sistema bibliotecario trentino.
03/04/2020