Georges Simenon - La scala di ferro

  • 2016 - Adelphi

Tutto era cominciato (ma quando esattamente? Lui stesso non riusciva a ricordarsene) con un'improvvisa sensazione di vertigine, accompagnata da “un intenso e molesto calore alla gola”. Poi, in seguito al ripetersi delle crisi, aveva consultato vari medici, l'ultimo dei quali gli aveva consigliato di prendere nota di che cosa aveva fatto, e mangiato, prima di ogni crisi. In quegli appunti, buttati giù su un foglietto che nascondeva sulle pagine di un libro, aveva deciso di annotare anche altro: quello che sua moglie, a differenza di lui, non aveva mangiato. E dall'appartamento, collegato attraverso una scala a chiocciola con la cartoleria di cui sua moglie era la padrona aveva cominciato a spiarla, ad ascoltare le sue telefonate, a cercare delle prove. A volte quasi si vergognava di rimuginare quei vaghi sospetti: si amavano da così tanto tempo, loro due! Altre volte gli veniva voglia di “afferrarla per le spalle” e, guardandola negli occhi “come si guardavano quando si stringevano appassionatamente l'un l'altra”, dirle: “ Ho vissuto qui, con te, quindici anni. Abbiamo fatto di tutto perché i nostri corpi fossero un corpo solo, perché la tua saliva fosse la mia, perché il tuo odore e il mio odore fossero il nostro odore. Ci siamo accaniti a far si che il nostro letto diventasse il nostro universo... Dimmi la verità.” Ma sarebbe mai riuscito a formulare quella invocazione, a chiedere pietà?

In questo romanzo, che si avrebbe voglia a di definire hitchcockiano, Simenon tratteggia con inquietanti chiaroscuri la figura di una perfetta dark lady nella Parigi degli Anni '50.  

Scheda del libro sul Catalogo Bibliografico Trentino