Il Fu Mattia Pascal

Da giovedì 14 a domenica 17 gennaio al Teatro Sociale di Trento,  la versione teatrale – scritta, diretta e interpretata da Tato Russo – del romanzo di Luigi Pirandello

[ Photo Tommaso Le Pera - www.ilteatroditatorusso.org]

Una delle poche cose, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. Ogni qual volta qualcuno de' miei amici o conoscenti dimostrava d'aver perduto il senno fino al punto di venire da me per qualche consiglio o suggerimento, mi stringevo nelle spalle, socchiudevo gli occhi e gli rispondevo:

—    Io mi chiamo Mattia Pascal.

—    Grazie, caro. Questo lo so.

—    E ti par poco?

—    Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppur questo, il non poter più rispondere, cioè, come prima, all'occorrenza:

—    Io mi chiamo Mattia Pascal

È questa la Premessa del Fu Mattia Pascal, il romanzo del 1904 di Luigi Pirandello (1867 -1936) considerato tra i capolavori della Letteratura. 

Quali sono le certezze su cui possiamo contare? Ne abbiamo visto che può essere messo in dubbio persino il nostro nome? 

Quando l’opera viene pubblicata, Pirandello sta già lavorando a L’umorismo, il saggio che vede la luce nel 1908, in cui lo scrittore condensa la sua estetica, e dedica, appunto, a Mattia Pascal. Uno studio denso di riferimenti filosofici e letterari, diviso in due parti, in cui mette a fuoco il concetto di umorismo quale “sentimento del contrario”, tenendolo distinto dal “comico”.

Per farlo, ricorre all’immagine della “signora imbellettata”:  

“Ebbene, noi vedremo che nella concezione di ogni opera umoristica, la riflessione non si nasconde, non resta invisibile, non resta cioè quasi una forma del sentimento, quasi uno specchio in cui il sentimento si rimira; ma gli si pone innanzi, da giudice; lo analizza, spassionandosene; ne scompone l’immagine; da questa analisi però, da questa scomposizione, un altro sentimento sorge o spira: quello che potrebbe chiamarsi, e che io difatti chiamo il sentimento del contrario.
Vedo una vecchia signora, coi capelli ritinti, tutti unti non si sa di quale orribile manteca, e poi tutta goffamente imbellettata e parata d’abiti giovanili. Mi metto a ridere. Avverto che quella vecchia signora è il contrario di ciò che una vecchia rispettabile signora dovrebbe essere. Posso così, a prima giunta e superficialmente, arrestarmi a questa impressione comica. Il comico è appunto un avvertimento del contrario. Ma se ora interviene in me la riflessione, e mi suggerisce che quella vecchia signora non prova forse nessun piacere a pararsi così come un pappagallo, ma che forse ne soffre e lo fa soltanto perché pietosamente s’inganna che parata così, nascondendo così le rughe e la canizie, riesca a trattenere a sé l’amore del marito molto più giovane di lei, ecco che io non posso più riderne come prima, perché appunto la riflessione, lavorando in me, mi ha fatto andar oltre a quel primo avvertimento, o piuttosto, più addentro: da quel primo avvertimento del contrario mi ha fatto passare a questo sentimento del contrario. Ed è tutta qui la differenza tra il comico e l’umoristico”.

Proviamo ad accostarci al Fu Mattia Pascal tenendo presenti queste riflessioni che lo stesso autore ci suggerisce. 

Lo spettacolo sarà in scena da giovedì 14 a domenica 17 gennaio 2016 al Teatro Sociale di Trento, quinto appuntamento con la Stagione di Prosa 2015/2016 del Centro Servizi Culturali Santa Chiara. Si tratta della versione teatrale – scritta, diretta e interpretata da Tato Russo – del celebre romanzo di Luigi Pirandello.

redazione

11/01/2016

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