Palestina. La porta del sole
Oriente Occidente 2005
Linguaggi
Elias Khuri
«Mi hai risposto che se qualcosa merita che si muoia per lei, è anche qualcosa per cui si deve voler vivere. - Ho vissuto con lei e per lei. La Palestina non è una causa. Sì che lo è, in un certo censo, però anche no, perché la terra non si sposta. Questa terra resterà. Non è questione di chi la governerà, tanto governare la terra è un'illusione. Nessuno governa la terra, visto e considerato che ognuno finirà per esserci sepolto. La terra domina tutti e li riporta a sé. Io, mio caro, non ho combattuto per la Storia; ho combattuto per la donna che ho amato»
Sembrano quasi derivare dalla cultura ellenica queste bellissime parole tratte dal romanzo la Porta del Sole nella definizione di una natura, una terra, che è altra e vive indipendentemente dalluomo, ma lopera di Khuri, considerato oggi uno dei maggiori intellettuali del mondo arabo, ha ben altro valore perché la terra, ovvero la Palestina, è il luogo e lidea attorno al quale si sviluppa un racconto polifonico che aspira ad essere storia collettiva del popolo palestinese dal 48 ad oggi. Battaglie, tragedie, storie individuali, nutrite di vita quotidiana, di sogni, di amori, di passioni e di sensualità che costituiscono, in forma di finzione, una memoria condivisa di un popolo che nel 48 ha dovuto lasciare la propria terra.
Intervistato dal critico darte Mario Cossali presso il Foyer dellAuditorium Fausto Melotti, Elias Khuri parlerà di Palestina attraverso il suo ultimo romanzo, edito in Italia da Einaudi, La porta del sole. Libanese, direttore del supplemento letterario del quotidiano di Beirut al-Nahar, docente alla Columbia University di New York e all'American University di Beirut, Khuri è uno dei grandi interpreti della narrativa mediorientale, autore di una decina di romanzi, di pièces teatrali e di saggi di critica letteraria.
La porta del sole è stato tradotto in francese, in ebraico, in inglese, oltre che in italiano, e ne è stato tratto anche il film La porte du soleil del regista egiziano Yousry Nasrallah, presentato nella categoria fuori competizione al festival di Cannes 2004.
Larabista Elisabetta Bartuli parlando della La porta del sole dice che si tratta di un romanzo che parla soprattutto d'amore, un amore cui viene negata la banalità del quotidiano e perciò si trasforma in passione e genera sentimenti forti. Nahìla, sposa bambina, è rimasta in Galilea ed è diventata cittadina israeliana. Suo marito Yùnis, mitico eroe della resistenza palestinese, vive da rifugiato nel campo profughi di Shatìla, in Libano, e passa clandestinamente il confine per incontrarsi con lei. Da queste brevi visite cadenzate nel corso degli anni, nascono sette figli e un amore da leggenda. Khalìl, la voce narrante, restituisce le tappe della storia di Yùnis e Nahìla e aggiunge il racconto della propria vita, della sua passione per Shams la fedayin, dell'esistenza della sua generazione, nata nei campi profughi. Elias Khuri attorno a Khalìl e Yùnis, a Nahìla e Shams, tesse un fitto intreccio di minuscole storie individuali che, tutte insieme, ricostruiscono mezzo secolo di storia: dall'esodo forzato (1948) alla stretta di mano di Washington (1993), passando per l'invasione israeliana del Libano e il massacro di Sabra e Shatìla (1982). Sottolineando come la sopravvivenza sia la più alta forma di resistenza e abbandonando di conseguenza ogni retorica sulla mitologia dell'eroismo e del martirio, Khuri mette in scena i palestinesi in quanto individui e non intesi come causa. Grazie a questo procedimento restituisce tre diritti a tre diversi soggetti: al popolo palestinese il diritto di dare voce alla propria memoria, dubbi e autocritiche compresi; alle donne il diritto di vedersi riconoscere come elemento pregnante della società; ai lettori europei il diritto di ricordare che la storia ha decine di versioni diverse.
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