Autostrada e paesaggio

Chiude l'8 febbraio al Mart la mostra dedicata alla A22

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Le strade, prima, e le autostrade, poi –queste ultime costruite in prevalenza per assecondare “lo sviluppo” della nazione, e per affermare l’uscita dalla povertà e la nuova Italia del boom- non sfuggono alla regola della funzione primaria di collegare più punti di un territorio, attraverso il traffico veloce, piuttosto che di connettere e unire territori.

E se il paradigma della prima modernità è rintracciabile in un manufatto come la fabbrica, non ho dubbi che il manufatto -più grande anche in senso di lunghezza ed estensione- paradigmatico della seconda modernità, è l’autostrada. Le nostre autostrade, in tal senso, sono ancora saldamente ancorate ad un modello di sviluppo “fordista”, dove tuttora sembra regnare indiscussa la regina “automobile” e dove il tipo di traffico pensato per queste arterie -seppure di fronte alla crisi petrolifera e dei mezzi di locomozione tradizionali- sembra non dovrà estinguersi mai.

Piuttosto forte, permane tuttavia, in molti settori della politica e dell’opinione pubblica, la convinzione che altre e nuove strade –sul modello simile di quelle già realizzate- costituiscano, per la sola ragione di costruire altri possibili “collegamenti rapidi”, nuove opportunità di “sviluppo”. Ma non è così, lo sviluppo si costruisce con altri strumenti e non i con i soli collegamenti.

La A22, l’autostrada di cui si occupa il progetto di ricerca coordinato dal dipartimento DICAM dell’Università di Trento, in mostra al Mart con "Autostrada e paesaggio" da venerdi 16 gennaio, è l’autostrada che collega la Pianura Padana con il cuore delle Alpi: da Modena a Brennero, in circa 314 chilometri di tracciato, lungo il Corridoio 1 (Berlino/ Palermo) verso Monaco e poi ancora più a nord nel cuore d’Europa.

Un tracciato che coincide con il sedime delle suggestive Valle Adige e Val d’Isarco e finisce al Brennero, e lungo il quale si snoda il percorso di uno dei tratti autostradali italiani in cui maggiore è il flusso di traffico merci tra Italia ed Europa centrale (46% del traffico nazionale).

Si tratta di un’autostrada con due diversi “passi”, da un lato quello “fast” del tratto Modena/Mantova/Verona, che incrociando le vie della produzione agro-industriale emiliana-lombardo-veneta segna le propaggini dei paesaggi complessi della metropoli infinita padana, dall’altro quello “slow” della città alpina che -da Verona in su- lascia il posto a paesaggi e territori più “lenti” e di diversa qualità insediativa e produttiva -dai vini eccellenti, ai distretti della buona edilizia e della green economy- fino a diluirsi, tra le anse dell’Adige e dell’Isarco, i boschi e i pascoli alpini, nella magnifica e maestosa “solitudine” del Passo del Brennero (a circa 1375 metri slm). Nella definizione di un sistema intelligente di reti alternative e sostenibili, soprattutto nei territori delle Alpi, ci si avvia verso scelte obbligate. Lo sostengono autorevoli organismi, tra cui la Cipra (Commissione Internazionale Protezione Alpi), lo dimostrano i preoccupanti dati di Monitraf (ricerca UE/traffico valichi alpini), lo sollecita l’Unione Europea e le direttive “antinquinamento” con una forte spinta verso infrastrutture ecologiche.

L'esposizione tende a dimostrare che le vecchie infrastrutture continueranno a generare inquinamento e traffico, e che emergono forme di fatto già alternative e legate ad una visione di attraversamento più intelligente. Intrattenimento, sosta, esperienze artistiche, culturali, enograstronomiche faranno parte di un modo diverso di fruire delle autostrade di domani, strettamente connesse con i luoghi che attraverseranno, da valorizzare nella loro straordinarietà e unicità. Di notevole qualità architettonica e minor impatto dovranno essere le aree di servizio, le barriere antirumore, i sovrappassi, i dispositivi per le energie alternative, i cosiddetti boschi fotovoltaici.

Giuseppe (Pino) Scaglione - Responsabile scientifico mostra, professore di progettazione urbana presso Università di Trento

13/01/2015