Come un granello di sabbia

Come può chi viene trattato da granello di sabbia avere voce, farsi ascoltare, far riconoscere infine la sua innocenza?

Vista con granello di sabbia (Wislawa Szymborska)

Lo chiamiamo granello di sabbia. 
Ma lui non chiama se stesso né granello, né sabbia.
Fa a meno di nome 
generale, individuale, 
instabile, stabile, 
scorretto o corretto.

Non gli importa del nostro sguardo, del tocco 
Non si sente guardato e toccato. 
E che sia caduto sul davanzale 
è solo un'avventura nostra, non sua. 
Per lui è come cadere su una cosa qualunque, 
senza la certezza di essere già caduto 
o di cadere ancora.

L’immagine del granello di sabbia che propone il premio Nobel per la letteratura Wislawa Szymborska schiude le porte sulla vicenda narrata da Come un granello di sabbia di Mama Chuma Teatro, che La Bella Stagione di Portland propone il 24 marzo alle 21 a Trento.

Avvicina, dicevamo, alla storia di Giuseppe Gulotta, che diventa capro espiatorio di un delitto non commesso, e al contempo conduce in una prospettiva completamente diversa: fa comprendere quanto per il protagonista della pièce, in cui ciascuno di noi si può rispecchiare, sia drammaticamente pirandelliano essere trattati da “granello di sabbia”, da “non-essere”.  

Come può chi viene trattato da granello di sabbia avere voce, farsi ascoltare, far riconoscere infine la sua innocenza? Giuseppe Gulotta, giovane muratore che viene arrestato e costretto a confessare l'omicidio di due carabinieri, ce la farà. Ma sarà un cammino lungo ed estenuante: ventidue anni in carcere da innocente e trentasei di calvario con la giustizia. Non è mai fuggito, ha lottato a testa alta, restando lì come un granello di sabbia all’interno di un enorme ingranaggio. Con il cuore e l'intelligenza di un uomo.


15/03/2017