Identità e confini

Agnes Heller: un destino di identità interculturale 

“Un concetto il più delle volte frainteso, cui si pensa come a qualcosa di naturale, dato una volta per tutte, mentre è sempre qualcosa di interpersonale, che non esiste come qualcosa di cementificato in una singola persona. Qualcosa in continua modificazione, che deriva dal rapporto con chi ci circonda”.

Introduce così Riccardo Mazzeo Agnes Heller, la filosofa ungherese ospite d’eccezione presso una gremita Biblioteca della Provincia di Trento nell’ambito della rassegna “Diritti doveri”, organizzata per celebrare i settant’anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, avvenuta il 10 dicembre 1948 a Parigi.

Mazzeo ha quindi stabilito una linea d’unione tra Heller e altri intellettuali del nostro tempo con cui “ha condiviso un destino di identità interculturale - afferma -. Come Bauman, la mia amica Agnes non ha un’unica identità perché è ungherese, americana, australiana, filosofa, ebrea. La molteplicità che ci abita si riflette in tutte le sfumature identitarie che ci connotano. Con Bauman ha condiviso lo sradicamento e l’approdo a una molteplicità, lo stesso vale per Juan Goytisolo, oppure per Jacques Derrida".

Che cosa può fare, se può fare qualcosa, uno dei grandi intellettuali che abitano una molteplicità di culture? Con questo interrogativo Mazzeo apre il dialogo con Heller.

La filosofa propone un confronto tra due concetti che definiscono l’identità, partendo da Locke e Leibniz “due filosofi che si sono appassionati al concetto di identità - osserva -. Il primo sosteneva che l’identità di ciascuno è data dalla memoria personale, quindi dall’insieme di ricordi collegati a persone e luoghi. Per Leibniz invece non è così, perché se qualcuno soffre di amnesia sono gli altri 'a ricostruirgli' il suo mondo.

Possiamo così sostenere che l’ identità è duplice: soggettiva, costituita cioè dai nostri ricordi, e oggettiva, composta da ciò che gli altri pensano di noi. I due tipi di identità non sempre si assomigliano perché ciascuno vive delle esperienze in modo diverso, così ciascun protagonista della storia può dare ad essa un tipo di racconto diverso”.

Heller si sofferma quindi sul concetto di identità collettiva quale evento vissuto da più persone. "Pensiamo, ad esempio, a un terremoto: ciascuno lo racconta, ma c’è anche la storia di come siamo sopravvissuti a detto evento, e quindi la narrazione di una memoria collettiva - aggiunge -. La memoria storica ci viene trasmessa da padri madri e da altre figure: se proveniamo dallo stesso luogo è probabile che abbiamo la stessa memoria storica”.

Con le sue riflessioni Heller approda poi all’idea di identità emersa dopo la Grande Guerra.

“All’inizio in Europa l’identità era legata all’appartenenza a una casata, ha quindi assunto una dimensione religiosa e poi, con il XIX secolo, ha connotato l’appartenenza o meno a una classe. Solo con la Prima guerra mondiale è diventata un’identità etnica, a prescindere da religione, gruppo di appartenenza o altro. La divisione tra italiani, inglesi, tedeschi, francesi e così via ha diviso anziché unire le popolazioni. L’identità culturale e le tradizioni di un paese sono importanti ma quando ci si identifica solo con uno stato può diventare un’identità pericolosa, uno strumento di manipolazione politica”.

L’importante è riuscire a sviluppare un pensiero critico rispetto a questi argomenti: “È necessario prendere coscienza, distanziarsi dalla percezione di identità soggettiva e comprendere come gli altri ci percepiscono e che la coscienza appartiene al genere umano. Bisogna prendere coscienza che il genere umano è sopra tutti noi e vi apparteniamo. A ciò si accompagna il bisogno di ciascuno di avere ‘una casa’, di appartenere a un gruppo. Qualche posto in questo mondo deve essere quello in cui ci sentiamo a casa, e questo tipo di coscienza è diverso dall’appartenere tutti allo stesso gruppo di esseri umani.

Oggi i diritti umani e di cittadinanza non coincidono, questo è il problema: ci si deve impegnare a cercare un compromesso per rispettare entrambi i diritti”, conclude la filosofa.


12/12/2018