Il Gran Carnevale Alpino

Le modalità antiche della festa annunciano la ripresa dell’anno agrario, celebrano la continuità della vita e il desiderio di mantenere l'allegria anche nel colmo dell'inverno

"Da alcuni anni, e questo è il nono – spiega Giovanni Kezich, direttore del Museo degli usi e costumi della gente trentina – il Gran Carnevale Alpino si inserisce all’interno di quello che è il carnevale tradizionale di San Michele all’Adige. Si tratta dell’innesto di una molecola di attenzione per i carnevali dell’arco alpino che sono accomunati da mascherate di un certo interesse etnografico. Manifestazioni che non si sono adeguate al modello viareggino ma hanno mantenuto le modalità antiche della festa, che sono quelle dell’apparizione abbastanza inspiegabile, intrigante, misteriosa di piccoli e grandi nuclei di personaggi rituali che si ripropongono uguali a se stessi e vengono a sancire che un anno è passato e si ricomincia da capo. Annunciano la ripresa dell’anno agrario, celebrano la continuità della vita e il desiderio di mantenere l’allegria e la vitalità anche e nel colmo dell’inverno quando gli elementi sono ancora molto avversi. Questo tipo di mascherate, presenti in Trentino, nell’arco alpino e in tutta Europa, sono interessanti anche nel tipo di analogie molto strette che offrono a grandissima distanza, come se dietro al contesto di queste mascherate vi fosse una specie di copione, una sceneggiatura occulta che qualcuno ha scritto chissà quando, lo scartafaccio disperso che propone personaggi con gli stessi costumi, medesimo ordine e simbologia all'interno di strutture della rappresentazione drammatica.

Ci piace cogliere questa occasione del carnevale di San Michele per farne momento di attenzione, studio e tutela sul Carnevale e sulle sue modalità diverse. Così, da un lato vi sarà la moderna sfilata dei carri allegorici e dei gruppi mascherati sul modello viareggino, dall’altro, i rappresentanti delle mascherate ancestrali, un vero e proprio museo che cammina, in una sfilata dove vecchio e nuovo si incrociano e si misurano, dialogando liberamente all’interno di quella grande casa comune che è il carnevale. Questa nuova formula, praticata in tante parti d’Europa e anche d’Italia – a Lisbona in Portogallo, a Ptuj in Slovenia, a Tricarico e a Nuoro, per citare solo alcuni esempi – è alla base del “Gran carnevale alpino” che ormai da alcuni anni ravviva l’occasione di San Michele.

Sabato 18 e domenica 19 febbraio, dunque, appuntamento con laboratori, film e antiche mascherate in sfilata

Quest’anno saranno ospiti sei gruppi: due compagnie da fuori regione e un gruppo dalla Germania, oltre a tre gruppi trentini. Da Fornesighe, nella valle di Zoldo, in provincia di Belluno, arriva la Gnaga con un corteo ricco di figure che ritroviamo in diversi carnevali alpini; dall’Abruzzo risalgono la penisola i pulgenelle di Castiglione Messer Marino, maschere che ricordano i nostri lachè, composti e silenziosi, di bianco vestiti con alti copricapo adorni di nastri colorati; da Bad Dürrheim, nella Foresta Nera, giungono i Narroanche queste maschere bianche varianti degli arlechini. Come di consueto, dal Trentino, vi saranno i lachè di Romeno, le maschere della val di Fassa, e il comitato del carnevàl di Varignano presso Arco, con i suoi baldacchini di bambù e di fronde d’alloro.

I gruppi ospiti:

La Gnaga

            La Gnaga è il personaggio che dà il nome alla mascherata di Fornesighe, nella valle di Zoldo, che si svolge la prima domenica di febbraio. Conduce il corteo carnevalesco, composto dagli sposi, dal compare e la comare, dal matazìn, e altre figure. Si tratta di una maschera doppia: una vecchia, caratterizzata da un ampio fazzoletto sulla testa e con grandi scarpe di legno ai piedi, porta un giovane nella gerla.

 

I pulgenelle

            A Castiglione Messer Marino, in provincia di Chieti, l’ultima domenica di carnevale viene organizza la mascra, ossia il corteo di maschere che percorre le strade del paese per portare gli auguri nei diversi quartieri. I pulgenelle, vestiti di bianco e con altissimi copricapo adornati da nastri colorati, aprono e chiudono la giornata con i loro balli in tondo, e sovrintendono al corretto svolgimento delle rappresentazioni burlesche che vengono messe in scena nelle piazze.

 

I Narro

            I Narro, dal tedesco Narren “prendere in giro, folleggiare”, sono le “maschere bianche” del carnevale della Foresta Nera e sono probabilmente l’evoluzione in terra svevo-alemanna del tipo dell’arlecchino, che deriva dalla nostra commedia  dell’arte. Il gruppo di Bad Dürrheim, a ranghi completi, conta circa 60 di questi Narro, caratterizzati da un costume di lino bianco dipinto a mano con stemmi e simboli locali. Completano il costume la maschera in legno di cedro, le bande in cuoio con due file di campani sferici, e un lungo bastone in legno.

 

Il carnevale della val di Fassa

            Il corteo carnevalesco della val di Fassa, rappresentato come di consueto a San Michele all’Adige dal gruppo folk di Soraga, è aperto dal laché, che annuncia la mascherata, cui seguono il bufón, con l’alto cappello a cono adorno di fiori, e i marascóns danzanti che, a coppie, incedono facendo risuonare le bronzine legate in vita. Il bufón, che apostrofa gli astanti con salaci battute in rima, ha il volto coperto da una maschera con un lunghissimo naso alla cui estremità è posto un ciondolo rosso a forma di cornetto portafortuna. Il laché e i marascóns recano in mano enigmatiche maschere sorridenti da “bél”. Queste figure fisse sono seguite da personaggi che indossano maschere da “brutto” e improvvisano silenziose pantomime che coinvolgono gli astanti.

 

I lachè di Romeno

            I lachè di Romeno sono ospiti del Gran carnevale alpino dalla prima edizione del 2008. Sono figure vestite di bianco con un alto rosso cappello a cono su cui un tempo erano appuntati monili d’oro o d’argento, e dal quale scendono due lunghi fazzoletti di seta. A due a due, danzano in tondo al suono della musica, spiccando alti salti propiziatori. Un tempo l’ultimo giorno dell’anno nella piazza del paese si cucinava una polenta che i lachè distribuivano ai vicini a mo’ di semina beneaugurante. Della mascherata facevano parte anche gli arlecchini, che dedicavano serenate alle ragazze, e i pagliacci, comicissimi. Il lunedì grasso le maschere organizzavano un finto corteo nuziale che sfilava lungo i sentieri con i lachè in testa, quindi la coppia di sposi, poi la musica, e i vecchi in coda. In ogni paese alle maschere venivano offerti lauti spuntini.

 

Carnevale di Varignano

            I carnevali di Varignano, presso Arco, sono strutture a forma piramidale, in canna di bambù, che possono anche superare i tre metri di altezza. Vengono rivestiti di alloro, edera o bosso e addobbati con gusci d’uovo colorati di nero o di giallo, fette di pane secco, merluzzo e sardine: mangiari e simboli tipici della quaresima incipiente. La prima domenica di quaresima, infatti, dopo la Messa del mattino, carnevali, carnevalòti e più piccoli solagni d’alloro, vengono portati in processione. Sotto ogni carnevàl vi è un bambino che suona una campanella. La gente gli fa eco con una cantilena. All’imbrunire, sul dosso di un oliveto che sovrasta il paese, i carnevali vengono accatastati e bruciati in un grande falò tra gli scoppi fragorosi e beneauguranti delle canne di bambù.


16/02/2017