La pieve di San Lorenzo nelle Giudicarie

La sua esistenza è documentata dal 1207, ma gli studiosi concordano nel ritenerla molto più antica. Sono stati ritrovati infatti resti che risalgono almeno alla prima metà del secolo IX

[ foto Enrico Cavada]

Non capita spesso una settimana di studio in un importante sito storico dove sia possibile la partecipazione anche a chi non è addetto ai lavori. Gli organizzatori di questa iniziativa - un vero e proprio laboratorio - hanno pensato che varie voci risultassero utili: la preparazione storica e l’esperienza di docenti e esperti, l’entusiasmo e la buona volontà di una decina di studenti degli indirizzi archeologici delle Università di Trento e di Padova, la memoria e la cura diligente di Luca Carli, custode appassionato, la curiosità e l’attenzione della gente, entusiasta di poter assistere e partecipare. Parrocchia di Vigo Lomaso, Comune di Comano Terme, Biblioteca di Valle, Ecomuseo della Judicaria, Soprintendenza per i Beni Culturali della Provincia di Trento hanno collaborato per la promozione e l’organizzazione dell’evento. 

Diamo spazio a questa "ricerca partecipata", iniziando con un po' di storia

La pieve è molto importante dal punto di vista architettonico poiché nel panorama dei centri medievali trentini è l’unica a presentare ancora tutti uniti conservati gli edifici che caratterizzano questa importante realtà religiosa ed economica: chiesa, battistero, cimitero, canonica con il giardino, rustico con un pozzo antico sono riuniti insieme in un’unica area, in posizione isolata e ai piedi di castel Spine. Il battistero poi è l’unico del medioevo sopravvissuto in Trentino.

Che la pieve fosse molto antica lo si sapeva già, ma le prove circa le origini in buona misura mancano. La sua esistenza è documentata nelle carte d’archivio a partire dal 1207, quando le pievi sono una realtà già radicata da tempo nel Trentino. Chi della pieve di Lomaso si è occupato è tuttavia concorde nel ritenerla molto più antica, poiché sono stati ritrovati resti di epoca altomedievale relativi a opere scultorei di arredo liturgico. Risalgono almeno alla prima metà del secolo IX, il periodo in cui le conquiste di Carlo Magno ormai hanno definitivamente segnato fine dei regni barbarici e il ritorno stabile delle popolazioni in una condizione di relativa pace, che porta la gente a riprendere fiducia, ad abitare e riportare a nuova attività le località più adatte alla vita agricola e commerciale. In questo contesto anche il Lomaso riesce a concentrare il propri sforzi in un luogo di grande prestigio, costruendo un edificio nei pressi di Vigo che ebbe il rapido privilegio di diventare il centro una pieve.

Il termine deriva da plebs: in essa era compresa tutta la popolazione che vive in un determinato distretto con in comune centro di riferimento religioso uno specifico edificio di culto comunitario. Con l’aumento della popolazione cristiana, furono le diocesi a organizzare il territorio in distretti in modo da favorire una più diretta cura delle. Tutti – nobili, piccoli proprietari, braccianti, contadini, servi, sparsi in luoghi anche lontani – si trovavano nella pieve per la messa festiva e per i principali sacramenti, che nella pieve e solo nella pieve erano impartiti: battesimo, matrimonio e, ma in forma più allentata, sepoltura. A sostenerla erano le offerte cristiane e i proventi di una parte dei prodotti agricoli (le decime), ma anche donazioni di beni fondiari: ecco perché le pievi con il tempo hanno ed esercitano sia un ruolo religioso sia economico. Ma una più attenta analisi evidenzia una realtà ancora più composita.

La pieve è anche un insieme di edifici, che in quanto casa di Dio si esprime con la forza delle architetture in solida pietra, mentre attorno case e abitazioni erano in massima parte di legno. Per questo la chiesa di Lomaso, come moltissime altre, presentava una massiccia ossatura in pietra e la sua costruzione era opera degli artigiani migliori.

In secondo luogo, la pieve è il centro dove si organizza e da dove si irradia la cura d’anime che obbliga tutti i fedeli a convergere e qui a riunirsi in questo punto.

Da questo in parte deriva un terzo aspetto: quello giurisdizionale in rapporto a un territorio dipendente, con beneficio e diritto su terre, beni e concessioni che il pievano governa e amministra riscuotendo decime e profitti che rendono la pieve un centro di capacità economica. Il pievano dunque esercitava in un ruolo articolato e riverito nella comunità: di governo spirituale, di autorità morale su tutta la comunità, di gestione un patrimonio fatto di donativi e alimentato da sostanziose entrate.

Ogni avvenimento importante, di qualsiasi natura, coinvolgeva la pieve, la vedeva protagonista; preti, diaconi e chierici si alternavano nella canonica, riuniti in forma di vita comune, pievano e frates chiamati a collaborare, ma anche a istruirsi in proprio: una specie di scuola teologica ante litteram.

Altro aspetto che non va dimenticato, è il ruolo “laico” della pieve; spazio ideologico e simbolico prima ancora che materiale per quanto è stata ed è in grado ancora in qualche misura di esprimere per identità e rappresentatività. Per secoli nello spiazzo antistante la chiesa si sono riadunati i capifamiglia, si prendevano decisioni su aspetti di vita civile, regole e statuti per il buon governo interno delle “regole” e dei beni comuni, ma si stabilivano anche patti, contratti e giudizi, con valore vincolante.

Gabriella Maines

25/02/2016