Da Bologna a Napoli: il viaggio e la sua dimensione musicale

Musica , Concerto classico

Nel 1666, a Bologna, apre i battenti l’Accademia Filarmonica, una delle istituzioni più prestigiose d’Europa.

Da subito assunse il profilo di corporazione a salvaguardia del prestigio e della professionalità dei suoi aggregati divenendo un punto di riferimento per musicisti provenienti da tutte le parti d’Italia e non solo. Non è un caso, dunque, che questo percorso musicale parta proprio da Bologna. Per i musicisti di ancien régime, il viaggio – inteso come spostamento per motivi di studio o professionali – costituiva un momento fondamentale della vita lavorativa; non sempre, dopo i primi rudimenti, riuscivano a terminare la propria formazione e poi trovare un impiego dignitoso all’interno dei propri confini geografici pertanto erano costretti a spostarsi alla continua ricerca di qualche aristocratico o cappella musicale che li prendesse al proprio servizio. Alcuni luoghi particolarmente significativi che hanno visto questi compositori all’opera sono il filo conduttore di questo concerto.

Vengono qui proposte al pubblico tre cantate di due compositori, Floriano Arresti e Francesco Gasparini, che sembrano condividere solo l’arco temporale durante il quale svolsero la loro attività. Eppure molti sono gli aspetti che accomunano i due artisti, primo fra tutti il legame con la città di Bologna – che per Arresti è anche luogo di nascita – e di Roma.

Tanto per incominciare a Bologna ottennero entrambi l’aggregazione all’Accademia Filarmonica, invece a Roma, oltre ad essere impegnati nell’attività professionale ricoprendo diversi incarichi, furono entrambi allievi di Bernardo Pasquini. Di entrambi gli autori abbiamo qui un assaggio della loro produzione cantatistica. Questa tipologia di composizione ha prosperato durante l’età barocca con una serie di opere assai interessanti.

Fin dalla metà del Seicento, e per circa un secolo, aveva rappresentato il genere musicale più versatile e di conseguenza di largo utilizzo, protagonista indiscussa degli intrattenimenti musicali di nobili e borghesia. Per il giovane compositore era un passo obbligato mentre per il virtuoso di canto la sua esecuzione era all’ordine del giorno: soprattutto quella per canto e continuo che faceva parte del quotidiano. La storia della musica vanta una corposa realizzazione di questo genere di opere vocali da camera per voce sola: un repertorio per pochi privilegiati che comunque aveva una grande circolazione.

Entrambi i nostri autori si trattennero nella capitale un periodo di tempo significativo cimentandosi in questo genere; all’epoca la vita culturale romana era contrassegnata da un vivace mecenatismo che spronava i compositori a sperimentazioni musicali ma anche al confronto con i colleghi, motivazioni che influenzarono le loro scelte artistiche. Nell’Urbe approdò anche il palermitano Alessandro Scarlatti (di cui quest’anno ricorre il terzo centenario della morte) che riuscì ad avere rapporti con i più importanti mecenati della città. Si trasferì poi a Napoli pur mantenendo intensi legami con la città dei papi - divise la sua carriera tra Napoli e Roma - e per tutta la durata della sua stretta frequentazione romana la composizione di oratori fu una delle sue principali attività compositive creando una serie di nuovi capolavori.

Fra questi si distingue Il giardino di Rose, che si colloca tra le sue migliori composizioni. Si tratta di un’opera che spicca per la ‘modernità’ tanto da essere considerata un modello europeo con cui dovette confrontarsi lo stesso Händel per il suo Oratorio per la Risurrettione, che fu eseguito appena un anno dopo il Giardino di Rose (nel 1708) nello stesso luogo, per l’identica occasione e per il medesimo committente, il marchese Francesco Maria Ruspoli. Soprannominato dai suoi contemporanei “l’Orfeo italiano” è spesso considerato il fondatore della scuola musicale napoletana, sebbene ne sia solo stato il rappresentante più illustre e più fruttuoso. Eclettico, Scarlatti toccò anche tutti gli altri generi praticati nel suo tempo tra i quali non potevano mancare le opere per tastiera che costituiscono un importante esempio del barocco italiano.

Anche il veneziano Kapsberger, noto soprattutto come virtuoso di tiorba, si trasferì a Roma riuscendo ad entrare nella cerchia dei musicisti al servizio di papa Urbano VIII. Attorno alla sua personalità, soprattutto di grande virtuoso, si polarizzò il rinnovamento musicale dei primi decenni del Seicento che vide Roma tra le protagoniste. Protetto dal papa e grazie alla sua notevole perizia strumentale riuscì a guadagnarsi la stima di cardinali e personaggi illustri riuscendo così a procacciarsi rendite e commissioni importanti che gli consentirono una vita agiata. Le sue ‘accademie’ di artisti e intellettuali nelle quali si suonava, cantava, disquisiva di letteratura e altro erano molto ambite ed esclusive così da essere annoverate tra le ‘cose mirabili et meravigliose’ della Roma del tempo. Sempre a Napoli, invece, concluderà la sua vita Giovanni Paisiello uno degli ultimi rappresentanti della scuola napoletana. Nato a Taranto si recò a Napoli per completare gli studi musicali.

Figura centrale dell’opera italiana, con il Capriccio per clavicembalo qui proposto si offre un assaggio, seppur breve, della musica strumentale meno conosciuta ma degna di attenzione per la particolare cura dedicata alle parti per solo strumento. In questo brano l’autore si cimenta sorprendentemente nella tecnica specifica degli strumenti a tastiera: arpeggi, scale, anche per terze e seste, raddoppi di bassi, figurazioni rapidissime e accordi possenti. Per quanto – in relazione con il significato e gli stilemi della forma del capriccio – l’estro ritmico balzi in evidenza con i continui e fantasiosi cambi di figurazione e la scrittura stessa risulti così toccatistica, in realtà qui l’autore, forse anche per sostenere un impianto di notevoli proporzioni, impiega la forma di un grande rondò, con un unico tema fisso – anche se eseguito nelle varie riprese in diversi toni – alternato ai vari episodi di ardito virtuosismo.

Da questa composizione emerge una vena mozartiana collocata in un’atmosfera elegante e timbricamente incisiva. Nonostante una scrittura un po’ di maniera in queste pagine si coglie una cantabilità scorrevole e articolata in cui emerge tutta la genialità del suo autore.

Tre città Bologna, Roma e Napoli che nel Seicento furono centri musicali di grande importanza, riferimento indiscusso per i musicisti di tutta Italia e non solo, anche se con caratteristiche e sviluppi diversi. Bologna fu centro di formazione grazie alla fondazione di istituzioni musicali importanti. Roma è stato il fulcro dell’oratorio e del genere della cantata sponsorizzati da influenti mecenati, Napoli il centro di sviluppo del melodramma che ebbe un ruolo fondamentale per lo sviluppo dell’arte musicale in generale grazie anche ad autori come Paisiello che nelle sue composizioni operistiche dedica particolare cura alle parti per solo strumento come dimostrano, oltre al brano qui proposto, gli Otto concerti per clavicembalo assieme ai Diciotto Quartetti e ai Sedici Divertimenti per fiati. Tre città che hanno favorito la creazione di collegamenti musicali molto sottili ma che hanno contribuito al crearsi di un filo conduttore che colloca queste opere in uno sviluppo coerente e continuo lungo il corso della storia.

PROGRAMMA:

Floriano Arresti (Bologna 1667-1717)

Cieli che cara pena

Cantata per voce e continuo

Giovanni Girolamo Kapsberger (Venezia 1580 ca-Roma 1651)

Canzona prima

per chitarrone

Floriano Arresti

Sdegno ed amor per te

Cantata per voce e continuo

Giovanni Paisiello (Taranto 1740-Napoli 1816)

Divertimento o sia Capriccio

per clavicembalo

Francesco Gasparini (Camaiore 1661-Roma 1727)

Queste voci dolenti

Cantata per voce e continuo

Alessandro Scarlatti (Palermo 1660-Napoli 1725)

Toccata VII

per clavicembalo

Alessandro Scarlatti

Dall’Oratorio Il giardino di Rose

Mentr’io godo Aria per voce e continuo

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ARSEMBLE

Fondato nel 2018 da Maria Elena Ceccarelli, il gruppo ArsEmble nasce con il preciso intento di riproporre al pubblico la musica del XVI-XVIII secolo poco eseguita o inedita ma senza tralasciare partiture di grandi autori. Consapevoli che la performance musicale, per essere un’esperienza culturale propriamente detta, deve essere realizzata in relazione alla funzione storica ricoperta in passato, i componenti dell’ensemble si prefiggono l’intento di affiancare il momento esecutivo all’attività di ricerca attraverso la riscoperta di importanti fonti senza dimenticare gli aspetti più specialistici della prassi esecutiva. Grazie anche alla collaborazione di storici della musica, il gruppo conduce ricerche organiche sul patrimonio delle tradizioni musicali in particolare legate all’Emilia Romagna. Questo aspetto è visto come l’operazione essenziale e fondamentale da svolgere per una migliore conoscenza di un patrimonio rimasto, ancora in molti casi, finora relegato negli archivi, pertanto sfuggito in massima parte all’attenzione degli studiosi ma anche dell’imprenditoria musicale e del grande pubblico. Ha un organico variabile in base ai programmi che deve affrontare e si avvale di cantanti e strumentisti che utilizzano strumenti originali o copie filologicamente corrette. Hanno inciso un CD per Tactus con le cantate del riminese Mario Bianchelli e un CD sempre per Tactus con brani (ariette e divertimenti d camera) provenienti dal ‘Fondo Puccetti’ conservato al Conservatorio di Bologna. Si sono esibiti sia singolarmente sia in gruppo in importanti città italiane e all’estero

Costi

Ingresso libero e gratuito

parte di: Musica reservata