Ditegli sempre di sì

Teatro

Stagione di Prosa di Bolzano 2009/2010
La Grande Prosa

Teatro Stabile di Calabria
Ditegli sempre di sì
di Eduardo De Filippo
regia Geppy Gleijeses
scene Paolo Calafiore
costumi Gabriella Campagna
luci Luci Ascione
musiche Matteo D'Amico
con Geppy Gleijeses, Gennaro Cannavacciuolo, Lorenzo Gleijeses
e con la partecipazione di Gigi de Luca

Piccolo, grande capolavoro di De Filippo. Esilarante!

Quando Michele Murri esce dal manicomio, sembra essere perfettamente guarito dalla sua follia: cortese, attento, affabile. Eppure qualcosa che non va c’è ancora. Michele prende tutto alla lettera, è fissato con le parole e si lamenta di come la gente non le usi in maniera appropriata...

Scritto da Eduardo nel 1927, Ditegli sempre di sì è uno dei testi più signifi cativi del grande drammaturgo napoletano, in cui gli echi delle sue opere precedenti come "Il medico dei pazzi" e "Le 99 disgrazie di Pulcinella" si sovrappongono alle suggestioni tratte dall’ "Enrico IV" e da "Il berretto a sonagli" di Pirandello. Attore, autore e regista, uno degli ultimi e prediletti allievi di Eduardo De Filippo, Geppy Gleijeses mette in scena questa amara commedia degli equivoci prodotta dal Teatro Stabile di Calabria da lui fondato, affiancato da suo fi glio Lorenzo, da Gennaro Cannavacciuolo e da Gigi De Luca. Da molti considerato il miglior attore napoletano della sua generazione, Geppy Gleijeses, per la prima volta nel cartellone dello Stabile di Bolzano, interpreta Michele Murri accentuando i toni surreali e grotteschi di questa pochade, dove credibile e incredibile si fondono e confondono continuamente, in un ritmo frenetico ed esilarante. E così, al grido di “c’è una parola adatta, perché non la usiamo” quando la sorella zitella, interpretata da uno splendido Gennaro Cannavacciuolo “en travesti”, afferma che le piacerebbe sposare il vicino di casa, Michele corre subito a raccontare in giro di questo matrimonio; e se un amico giura che farà pace col fratello solo da morto, ecco che Michele/Geppy si affretta a mandare un telegramma con la dolorosa notizia; se un vicino dà del pazzo a Luigino (Lorenzo Gleijeses), un giovanotto che corteggia la fi glia, Michele si precipita a cercare di tagliare la testa al povero innamorato, perchè la testa, dice lui, è il luogo dove s’annida la pazzia. La coerenza del povero matto, finisce inevitabilmente per riservargli un destino molto amaro. Ma come giudicare Michele, troppo ligio al significato delle parole? Sembrano chiedersi Gleijeses ed in primis Eduardo, che scrisse la commedia in piena epoca di “normalizzazione” della dittatura fascista, in cui il “diverso” era da emarginare. Un malato senza speranza o un pericoloso saggio da non lasciare in libertà?