I parenti terribili
Considerata la più perfetta opera teatrale di Jean Cocteau, I parenti terribili rappresenta uno spaccato crudele della società, un atto storico con cui l’autore rompe, almeno formalmente, col teatro di raffinata e astratta acrobazia intellettuale, che sino allora aveva avuto in lui uno dei più fertili campioni, per accostarsi ad un tipo di teatro molto più tradizionale, costruito secondo regole collaudate e codificate care al teatro borghese.
Scrivendola, Cocteau ha voluto sfidare quel pubblico di élite per il quale aveva sempre lavorato, e stabilire un contatto con le grandi platee mediante un linguaggio meno esoterico. Il tentativo si è rivelato felice, giacché I parenti terribili hanno costituito uno dei più grossi successi ottenuti da Cocteau come autore drammatico.
Il testo racconta la storia di una famiglia davvero terribile, che vive reclusa in se stessa, avulsa da qualsiasi stimolo esterno. Michel è un giovane uomo viziato e amato morbosamente dalla madre Yvonne.
Quando annuncia ai suoi genitori di amare Madeleine, la disperazione divora la donna, che teme di perdere il figlio, mentre oscuri segreti sulla famiglia vengono a galla. Con questo testo, da lui diretto e interpretato, Filippo Dini prosegue l’indagine nell’inferno familiare che ha avuto in Casa di bambola, e più di recente in Agosto a Osage County, due esempi mirabili, definendo una cifra stilistica che pone al centro il lavoro dell’attore e reinterpreta in modo inedito l’idea di un nuovo capocomicato.
Cocteau, il poeta gioiosamente terribile
(De uxore, De filia, De matre)
Note di regia
di Filippo Dini
"Un vero drammaturgo conosce male i personaggi. Lo superano e, per vivere, approfittano di quella specie di ipnosi in cui immerge la creazione di un’opera. Sarebbe ridicolo pensare che un drammaturgo sia un dio e sarebbe anche ridicolo credere che un dio la sappia tanto lunga sulle proprie creature. Ogni giorno scopro degli aspetti segreti della commedia e le motivazioni dei miei personaggi. Certi restano degli enigmi per me, e ciò nonostante non hanno meno forza. Zia Léo è un enigma. Non capisco questa donna. Non la capirò mai. Ma esiste."
Così Jean Cocteau rifletteva durante le prove de I parenti terribili, quando venne messo in scena la prima volta nel 1942, quattro anni dopo averlo scritto, con la regia di Alice Cocéa al Théâtre des Ambassadeurs di Parigi. Si rendeva conto di scoprire il suo testo e i suoi personaggi, piano piano, nel corso delle prove.
Nel mio percorso di analisi del presente, prosegue il tentare di rappresentare la famiglia contemporanea, attraverso le immagini forti e violente delle storie che più mi affascinano riguardo questo misterioso universo, la famiglia. Come un’ideale trilogia non prevista (personalmente non amo l’impostazione di trilogie a priori), mi sembra di riconoscere in me il desiderio di raccontare la donna contemporanea, alle prese con una personale ridefinizione all’interno del nucleo familiare, laddove quest’ultimo mostra tutti i segni di un profondo logoramento e sembra avviarsi verso una lenta metamorfosi, una rinascita. Quando ho avuto la fortuna di mettere in scena Casa di bambola, ho raccontato la donna-moglie, la riformulazione della coppia, così come pensavamo di conoscerla. In Agosto ad Osage County, ho conosciuto la donna-figlia, e il peso che la povera Barbara aveva scelto poco consapevolmente di portare a causa del dominio che la madre aveva imposto su di lei. In questo, credo ultimo, atto, mi propongo di scoprire la donna-madre, all’interno di un contesto ambiguo e morboso.
Jean Cocteau, che pare visse un’infanzia serena e felice, molto amato da una mamma affettuosa, con la quale condivise un amore soavemente puro fino all’ultimo giorno della vita di lei, scrive una commedia terribile, ispirato dalla vicenda familiare di Jean Marais, il famoso attore col quale il poeta ebbe una lunga e meravigliosa storia d’amore, e di intima condivisione professionale e umana.
Il poeta, affascinato dalla vicenda di un’altra persona, racconta una storia che non lo riguarda, che non ha vissuto direttamente.
E scrive un capolavoro.
La vicenda appunto è terribile e perversa, racconta dell’amore quasi incestuoso di una madre con il figlio, racconta di un marito che tradisce la moglie perché lei si è dimenticata di lui nel momento in cui è diventata madre, racconta della sorella della madre, che si è condannata a vivere con la coppia, pur essendo da sempre innamorata del cognato, e poi racconta di un amore struggente e luminoso di due ragazzi, un amore che deve essere annientato, eliminato, perché la sua bellezza è così accecante, che scandalizza.
Cocteau ci dice che tutti i parenti sono terribili, decide di intitolarlo così, proprio per non salvare nessuno, proprio perché, immagino, non desideri salvare nessuno, come se ci volesse suggerire che il contesto nel quale hanno deciso di organizzare le loro vite, il vincolo di parentela, la famiglia appunto, li avesse resi terribili.
Questa storia, espressa e raccontata in modo feroce, narra di un gruppo di persone, un carrozzone, come essi stessi si autodefiniscono, tenuto insieme da un legame perverso, violento e malato, quindi è l’espressione di un paradosso in alcuni momenti, ma racconta (in modo estremo) i nostri vizi, le nostre manie, e soprattutto le nostre più oscure paure, all’interno delle relazioni che si instaurano con la nostra “parentela”.
Il nostro autore, forse il più audace dei surrealisti, tra i più coraggiosi ed eccentrici tra gli artisti del suo tempo, sempre impegnato nell’esprimere un’arte profondamente astratta, nel cercare continuamente di stupire e scandalizzare i suoi contemporanei con un’estetica tutt’altro che realistica o verosimile, inseguendo il sogno, l’inconscio, ciò che non si vuole vedere, sempre e comunque, disdegnando ciò che è noto, ciò che è evidente ai più, qui scrive una commedia borghese, qui scrive la normalità, la coerenza dei dialoghi, qui ci racconta l’essere umano tra le mura di casa. In camera da letto. Attraverso le leggi del teatro borghese, immersi in un contesto che probabilmente Cocteau detestava per la sua ipocrisia, inventa cinque personaggi, che, in nome del loro vincolo di parentela (a parte la povera Madeleine), tendono all’autodistruzione. In questo straordinario cambiamento della sua poetica, il surrealista Cocteau ci racconta la morte della famiglia borghese, proprio analizzandola nelle sue trame più segrete, denunciandone il suo estremo fallimento.
Il racconto di questa strana favola, che è I parenti terribili, si svolge con un tono tutt’altro che tragico, certamente drammatico, ma espresso spesso in forma ridicola, quasi comica. Pervade uno strano umorismo per tutta la commedia, quasi sinistro, la vicenda appare a tratti davvero ridicola e non fa che aumentare quel senso di spaesamento, che si avverte nell’assistere a questa storia, piena di contraddizioni e di cambiamenti di punti di vista. Come se Dioniso stesso ci stesse conducendo nel vortice delle parole di Cocteau, sembra che un senso di capogiro non ci abbandoni mai, nello svolgersi di questo scorcio di vita, di questi tre giorni infami (che sono il tempo di questa storia), nella raffigurazione di un pezzetto di queste cinque vite, ridicole e pure.
Come tutti i grandi autori, Cocteau guarda al mondo, alla vita, con un sorriso amaro che ci conforta e ci ritrae nelle nostre povertà e bassezze, e insieme ci fa risplendere proprio quando riusciamo ad essere in ascolto, quando siamo così coraggiosi da rinunciare a un po’ del nostro tempo in favore del dolore di un amico o di un parente, o addirittura quando ci abbandoniamo ad un gesto d’amore.
Cocteau visse una vita insieme alle persone, nessun artista né prima né dopo di lui, fu così presente e attivo nella vita artistica della sua epoca. I suoi amici erano Picasso, De Chirico, Coco Chanel, Apollinaire, Satie, Stravinskij, e molti altri, e condivise il suo percorso con Sartre, Marlene Dietrich, Anna Magnani, Ezra Pound, Marcel Proust, Edith Piaf, Luchino Visconti e sostenne appassionatamente artisti più giovani come Truffaut e Genet.
Jean Genet mi ha portato il romanzo (N.d.a. Notre-Dame des fleurs). Trecento pagine incredibili dove crea di sana pianta la mitologia dell’omosessualità. Il romanzo forse è ancora più strabiliante delle poesie. È la novità che disturba. È un mondo accanto al quale quello di Proust sembra un quadro di Didier-Pouget (N.d.a. specialista di Brughiere fiorite). Ogni minima riga risplende come i segni indecifrabili di Picasso. Genet è un ladro ricercato dalla polizia. Tremiamo dal timore che scompaia e vengano distrutte le sue opere.
Fu desideroso di conoscenza e di umanità. Pare dalle sue biografie, non abbia conosciuto né l’invidia, né l’odio, ma invece tanta curiosità, tanto desiderio di vedere l’essere umano esprimersi nell’arte, con la gioia dei bambini, e con l’ingenuità di un bambino egli si accostò a tutta l’arte del suo tempo, a tutti gli artisti, con il desiderio di riconoscere sempre un altro punto di vista, un’altra visione della realtà.
Picasso ha rubato il fuoco dei bambini e dei pazzi. Si serve dei loro segreti come un alchimista. È un delitto? Talvolta me lo chiedo.
Frequentò personalmente tutte le arti, e le amò tutte, con l’allegria del principiante e l’insaziabile passione dell’affamato, dell’ultimo. Certo, conobbe l’oscurità della disperazione e la morte lo accompagnò sempre nella sua vita, e la raccontò spesso nelle sue opere, ma sempre riuscì a restituirci quel senso di speranza, quel sorriso, quella mano tesa allo sconosciuto, che riesce a squarciare il velo dell’indifferenza e della solitudine, ricollegandoci agli altri, ricucendo i fili di una quotidianità smembrata e distorta, a volte terribile come i suoi parenti.
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I PARENTI TERRIBILI
Di Jean Cocteau
traduzione Monica Capuani
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regia Filippo Dini
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con Milvia Marigliano, Mariangela Granelli, Filippo Dini, Giulia Briata, Cosimo Grilli
personaggi e interpreti
Yvonne Mariangela Granelli
Léonie Milvia Marigliano
Georges Filippo Dini
Madeleine Giulia Briata
Michel Cosimo Grilli
scene Maria Spazzi
costumi Katarina Vukcevic
luci Pasquale Mari
musiche Massimo Cordovani
assistente alla regia Alma Poli
assistente scene Chiara Modolo
assistente volontario Gennaro Madonna
direttore di scena Federico Paolo Rossi
macchinista Matteo Cicogna (nel 2024), Nicola Baldini (nel 2025)
elettricista Gianluca Quaglio
fonico Andrea Lambertucci
sarto Gabriele Coletti
foto e video Serena Pea
amministratrice di compagnia Federica Furlanis
produzione TSV – Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino - Teatro Nazionale, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini, Teatro Stabile di Bolzano
si ringrazia il Comité Jean Cocteau
DURATA 1h 45’ senza intervallo
Biglietti acquistabili online su ticket.centrosantachiara.it/content e presso le Casse del Teatro Sociale e dell’Auditorium S. Chiara.
Per maggiori informazioni chiamare il numero verde 800013952 o visitare il sito www.centrosantachiara.it
Foyer del Teatro
Proseguono gli appuntamenti dedicati agli approfondimenti con i protagonisti della Stagione 24-25. Per il terzo incontro in calendario, previsto al Teatro Sociale venerdì 13 dicembre alle ore 17.30, Davide Leveghi (Fondazione Museo storico del Trentino) incontrerà il cast dello spettacolo.
Per tutti gli aggiornamenti e/o eventuali modifiche al programma, consultare il sito ufficiale: www.centrosantachiara.it