Il Golem
Di Paul Wegener, Carl Boese e Henrik Galeen, Germania 1920, 73'
Intorno al 1580, a Praga, l'imperatore prepara un piano per allontanare dalla città gli ebrei accusandoli falsamente di aver sacrificato dei bambini in rituali blasfemi. Quando il conte Floriano pubblica l'editto per l'espulsione, il rabbino Löw, sapiente di arti magiche e di alchimia, decide di intervenire in difesa del suo popolo e, costruita una gigantesca statua d'argilla, il Golem, evoca il demonio Astarotte affinché gli riveli la parola necessaria ad infondergli la vita. Incastrata sul petto della statua una piccola incisione recante il nome "aemet" ("vita" o "verità"), Löw anima il Golem e lo conduce con sé alla corte dell'imperatore per dissuaderlo. Le sue preghiere e le sue minacce risultano vane e soltanto dopo che il palazzo rischia di crollare per la collera divina e il Golem salva la sua famiglia, l'imperatore accetta di ritirare l'editto. Terminata l'opera, il rabbino si prepara a restituire il riposo al colosso togliendogli l'incisione, ma Famulus, l'infido servitore, se ne impadronisce per farne strumento delle sue vendette. All'odine di rapire la giovane Miriam, figlia del suo padrone e sospetta di amare Floriano, il Golem, tuttavia, si ribella e in preda ad una cieca follia scatena il panico per le strade del Ghetto. Soltanto una innocente bambina che gli tende una mela riuscirà a fermarlo definitivamente togliendogli, per caso, il magico amuleto. Celebre trasposizione della leggenda del Golem filtrata, in questo caso, attraverso il romanzo di Gustav Meyrink. Romanticismo ed espressionismo si fondono in maniera ammirevole in una cupa raffigurazione del destino dell'umanità, da un lato testimoniando la fertile vena creativa dei cineasti tedeschi degli anni '20 e, dall'altro, creando presupposti e situazioni per l'adattamento cinematografico di Frankenstein del 1931. Gran parte della suggestione del film riposa sulla fotografia di Karl Freund, sulle luci di Kurt Richter e sulle scenografie di Hans Poelzig che si risolvono nelle svettanti architetture gotiche, nelle viuzze che squarciano il soffocante groviglio di case del Ghetto, nei vertiginosi giri delle scale, nelle nervature dei sotterranei, nel livore spiritato dei volti. Un film che parla del mistero della vita, nel quale l'uomo scopre che il suo involucro terreno è in tutto simile alla tragica plasticità del Golem o alla rigida maschera del demonio Astarotte: una forma vuota fatta per ospitare effimere passioni. Paul Wegener (il Golem) e sua moglie Lyda Salmonova (Miriam) avevano già lavorato ai precedenti Der Golem del 1914 e Der Golem und die Tänzerin del 1917. In Italia la pellicola è conosciuta anche con il titolo Bug, l'uomo d'argilla; in America come The Golem e The Golem: How He Came Into the World.