Incontri in Giappone
Le fotografie di Felice Beato e le raccolte di Giuseppe Grazioli al Castello del Buonconsiglio
Per molto tempo il Giappone rimase pressoché sconosciuto agli europei. Unico luogo di scambi commerciali e culturali con l’Europa, da quando il Paese si era chiuso nel 1641, era l’isola artificiale di Dejima a Nagasaki, dove aveva sede la Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Fu solo nel 1859, a seguito della pressione delle forze occidentali, che si aprì nuovamente al commercio con l’estero, e i suoi porti iniziarono ad accogliere mercanti e viaggiatori di tutto il mondo. Il fascino di questa realtà del lontano Oriente e della sua cultura toccò profondamente il mondo occidentale, suscitando passioni che sfociarono ben presto nel cosiddetto “giapponismo”: bronzi, ceramiche, lacche, ventagli, paraventi, armature, spade, tessuti, stampe non solo entrarono nelle dimore degli europei, che facevano a gara per acquistarli, collezionarli ed esporli, ma influenzarono le arti sotto molteplici aspetti.
La mostra, curata da Pietro Amadini e dal direttore del museo, Laura Dal Prà, racconta il Giappone di quel tempo attraverso fotografie e oggetti d’arte collezionati da Giuseppe Grazioli, il religioso ed agronomo trentino che dal 1864 al 1868 si recò a Yokohama alla ricerca di uova del baco da seta sane, divenute introvabili per la diffusione della pebrina, la malattia che aveva compromesso la produzione sericola di tutta Europa. Ogni anno, al ritorno dai suoi viaggi, Grazioli donò le opere da lui acquistate nella città nipponica al Museo Civico di Trento, le cui raccolte furono poi concesse in deposito dal Comune al Museo Nazionale, inaugurato nel 1924 nel Castello del Buonconsiglio.