L'industrializzazione del Trentino negli anni Sessanta

Convegno

Il grande cambiamento. Il Trentino degli anni Sessanta

Interviene Andrea Bonoldi, della Facoltà di Economia dell'Università di Trento

Prosegue a Levico Terme il ciclo di incontri Il grande cambiamento. Il Trentino degli anni Sessanta.
Venerdì 4 febbraio Andrea Bonoldi, docente alla Facoltà di economia dell’Università degli studi di Trento interverrà su L’industrializzazione del Trentino negli anni Sessanta.
L’incontro-dibattito si terrà alle ore 20,30, nella Sala del Consiglio comunale del Municipio di Levico Terme (via Marconi, 6).

Nella seconda metà del Novecento la provincia di Trento ha scalato le classifiche nazionali del reddito procapite, passando dal sessantasettesimo posto nel 1951 al tredicesimo nel 2001. Dopo un avvio piuttosto stentato nell'immediato dopoguerra, con gli anni Sessanta si è affermato in Trentino un peculiare modello di interazione tra spinte di mercato e azione delle istituzioni che ha segnato il percorso di uno sviluppo economico e sociale che ha profondamente cambiato la realtà locale.

Gli anni Sessanta hanno rappresentato, per l’economia trentina e in particolare per quella della Valsugana, un periodo cruciale: giunsero gradualmente a maturazione processi che avrebbero portato le dinamiche dei settori produttivi locali ad assumere una configurazione almeno in parte compatibile con i canoni della sviluppo economico moderno, ma soprattutto la questione dello sviluppo divenne un elemento centrale del dibattito politico, finendo per costruire un importante banco di prova per le nascenti istituzioni di quella che sarebbe poi stata la seconda autonomia.

Se la discussione teorica e politica attorno alla programmazione era stata decisamente vivace a livello nazionale, con risultati assai interessanti, ben più difficile si rivelò invece tradurre in misure realmente efficaci le linee guida che erano andate emergendo. In una prospettiva territoriale più ristretta, il Trentino-Alto Adige avrebbe in realtà potuto godere di una situazione di potenziale vantaggio, facendo capo alla regione autonoma alcune competenze in materia di incentivazione industriale che avrebbero consentito un’attuazione degli strumenti di programmazione più efficace rispetto ad altre realtà amministrative, dotate di spazi di manovra ben più ristretti. Ma a livello regionale la politica industriale risultava bloccata dalla forte diffidenza che la componente sudtirolese nutriva nei confronti di un settore, quello industriale appunto, che il regime fascista aveva usato anche strumentalmente al fine di rovesciare gli equilibri tra i gruppi linguistici dell’Alto Adige. Una svolta importante si ebbe a cavallo tra gli anni Cinquanta e i Sessanta, quando, non da ultimo per il cambiamento degli equilibri politici in giunta, la Regione emanò alcuni atti normativi di incentivazione del settore industriale e, soprattutto, le legge n.12 del 24 agosto 1960, “Contributi per l’acquisto e l’apprestamento di aree destinate all’insediamento di stabilimenti industriali”, destinata a comuni e a consorzi di comuni.
Il 14 agosto, e dunque prima ancor anche fosse approvata la legge, l’allora assessore provinciale supplente Remo Segnana convocò nel vecchio Municipio di Borgo Valsugana un’assemblea cui parteciparono i sindaci della Bassa Valsugana e i rappresentanti delle forze economiche, allo scopo di promuovere la costruzione di un consorzio per lo sviluppo industriale. Significativa fu la presenza alla riunione del parlamentare Giuseppe Veronesi, che come sindaco di Rovereto aveva promosso, nel decennio precedente, un’articolata politica comunale di incentivazione della localizzazione industriale, che aveva dato risultati importanti.

Veronesi doveva dunque illustrare agli amministratori locali, tra i quali non mancava un certo scetticismo sull’argomento, il ruolo che potevano rivestire i comuni nella promozione delle attività economiche. Ebbe così inizio l’incubazione di quello che sarebbe stato il “Consorzio per lo sviluppo industriale ed economico tra i comuni della Bassa Valsugana”, che fu piuttosto laboriosa e non priva di problemi, ma che conobbe un passaggio importante nel giugno del 1961, quando la Democrazia Cristiana, partito che all’epoca raccoglieva la maggioranza assoluta nella valle, organizzò a Borgo un “Convegno per la rinascita economica della Valsugana”, che vide un ampia partecipazione di politici, amministratori ed esponenti del mondo economico, e nel quale fu ribadita l’importanza della scelta industriale come strumento fondamentale per lo sviluppo economico della valle, ma anche il ruolo che la Provincia doveva assumere in questo contesto. Nel novembre di quell’anno si tenne finalmente, alla presenza del presidente della Giunta provinciale Bruno Kessler, la prima riunione del consorzio, che in seguito elesse il sindaco di Roncegno, Dario Vettorazzi, alla presidenza, potendo così cominciare la propria attività, che si sarebbe conclusa all’inizio del 1977. Quanto grandi fossero le speranze che la Valsugana riponeva nelle prospettive di sviluppo del settore secondario appare evidente dal fatto che nel 1963 erano già stati richiesti dai comuni della valle contributi per la realizzazione di zone industriali per una superficie complessiva di circa 118 ettari, ossia oltre un terzo del totale delle aree per cui era stata presentata domanda di contributo regionale.

La storia della Valsugana nei decenni seguenti ha visto la lenta ripresa delle dinamiche demografiche e il mantenimento di un ruolo importante del settore industriale negli equilibri occupazionali locali. La percentuale di popolazione attiva impegnata dell’industria, che dopo il massimo del 45% raggiunto nel 1971 è andata via via riducendosi fino al 34% del 2001, è stata di decennio in decennio comunque sempre di tre-quattro punti percentuali superiore rispetto alla media provinciale, e in valore assoluto il numero degli addetti è cresciuto costantemente. Dai primi anni Sessanta in avanti l’industria della valle ha vissuto diversi passaggi cruciali, legati alle oscillazioni congiunturali (in misura minore quella del 1963-64, quella degli anni Settanta, i primi Ottanta), a eventi catastrofici come l’inondazione del 1966, all’emergere, soprattutto a partire dagli ultimi anni del decennio, del confronto sindacale, ai mutamenti strutturali legati ai processi di ridislocazione delle produzioni connessi alla globalizzazione. Fattori che non potevano non incidere sulle vicende delle singole aziende. La storia delle imprese della Valsugana è costellata di episodi di crisi e risanamento, legati ad una struttura piuttosto composita, non particolarmente specializzata e interconnessa, segnata dalla presenza relativamente forte di imprese esterne, ma anche importanti e significativi casi di successo imprenditoriale locale, e da un’azione a volte attenta e selettiva, altre inerziale del soggetto pubblico. E le vicende di singole imprese (dalla Set-ammi-Samatec di Scurelle all’acciaieria di Borgo, dalla Valleverde alla Malerba, entrambe a Castelnuovo, dalla Binkmann di Pergine alla Coster di Calceranica, per citarne solo alcune) hanno lasciato una traccia significativa nella memoria locale dell’esperienza industriale.

Nel corso del suo intervento, Andrea Bonoldi ricostruirà i tratti essenziali di questa complessa dinamica.


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