La Cina di Mao e la Guerra Fredda
La seconda Guerra dei Trent'anni
Mercoledì 4 marzo 2015, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli Affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale organizza l’incontro-dibattito “La Cina di Mao e la Guerra fredda”. Intervengono Fernando Orlandi, Paolo Rosa e Riccardo Scartezzini. Introduce Massimo Libardi.
“Un sesto del mondo è socialista” titolava un libro di Hewlett Johnson pubblicato nel 1946 da Einaudi. Qualche anno dopo, l’1 ottobre 1949 Mao Zedong, dal rostro della Tian’anmen proclamava la Repubblica Popolare Cinese. La correlazione delle forze sulla scena internazionale era decisamente mutata a favore del blocco sovietico. La Guerra Fredda, che aveva vissuto un pericoloso riscaldamento con la Crisi di Berlino del 1948 conosceva un surriscaldamento alla metà del 1950, quando le truppe della Corea del nord attaccarono la Corea del sud.
La scelta di campo, da comunista, Mao l’aveva fatta da tempo: la Cina pendeva dalla parte di Mosca. E nei mesi a cavallo della proclamazione della “nuova Cina” i segnali furono evidenti: quando all’inizio di novembre le truppe comuniste presero Mudken (Shenyang) il console americano Angus Ward venne di fatto imprigionato nella sua sede diplomatica (e stesso destino subirono console e personale britannico e francese). Nel successivo aprile venne cannoneggiata la britannica Amethyst. Erano segnali inequivocabili della rigida postura assunta dal Partito comunista cinese.
Tutti gli occidentali dovevano lasciare il paese e nel settembre 1950 un italiano divenne la vittima esemplare: accusati di un inesistente attentato a Mao vennero arrestati Antonio Riva, Monsignor Tarcisio Martina, Henry Vetch, Walter Genthner, Ryuchi Yamaguchi e alcuni altri. Un anno dopo Antonio Riva e Ryuchi Yamaguchi furono condannati a morte e immediatamente giustiziati. Ai restanti pene detentive.
Quando in Corea l’aggressore ebbe la peggio i cinesi intervennero massicciamente: sostennero che si trattava di “volontari”, in realtà erano le truppe regolari dell’Esercito.
La posizione della “nuova Cina” nella Guerra Fredda fu chiara. Ma le cose iniziarono a mutare dopo il 1956, quando Nikita Khrushchev presentò al Ventesimo congresso del PCUS il cosiddetto “rapporto segreto” e diede il via a una certa destalinizzazione. Emersero i contrasti tra i due capi del comunismo internazionale che poi si intensificarono, pur rimanendo segreti.
Divennero pubblici nella primavera 1960: in poco tempo si scatenò un’aspra polemica che scombussolò il movimento comunista internazionale. Anche in Italia si costituirono prima alcune organizzazioni maoiste e poi un partito legato a Pechino.
Quando si chiudono gli anni Sessanta Mosca e Pechino sono ai ferri corti. Nel 1969 ci furono aspre battaglie (oggi sappiamo che gli scontri furono assai più gravi di quello che un tempo si ritenne) per il possesso di una isola al confine tra i due stati (Zhenbao per i cinesi, Damanskii per i russi).
Pechino denunciava il “socialimperialismo sovietico” e Washington iniziò ad attivarsi con i viaggi segreti di Henry Kissinger. La “diplomazia del ping pong” condusse per un certo periodo di tempo ad una alleanza di fatto tra quelli che prima erano nemici irriducibili. Ribaltate le alleanze, l’Unione Sovietica iniziò a militarizzare la Siberia, trasferendo ingenti truppe (sottratte al fronte europeo) e istallando di missili SS-20 puntati sulla Cina.
Si tratta di una vicenda storica estremamente ricca e interessante che ancora oggi il pubblico italiano conosce solo in modo assai parziale e frammentario.
Nella dimensione dei rapporti con l’Europa, offre motivi di riflessione il recente volume “La Cina di Mao, l’Italia e l’Europa negli anni della Guerra fredda”, curato da Carla Meneguzzi Rostagni e Guido Samarani (Il Mulino, 2014, pp. 325, € 27,00). Cinque dei saggi, in particolare, affrontano vicende dei rapporti con l’Italia, dalla diplomazia, al ruolo dell’ENI di Enrico Mattei, alle vicende delle organizzazioni frontiste: il Centro studi per le relazioni economiche e culturali con la Cina e la successiva Associazione Italia-Cina.
“Sulla via del Catai” è la rivista del Centro Studi Martino Martini. Pubblicata a Trento, in diversi suoi fascicoli ha affrontato le questi dei rapporti tra Cina, Italia e Europa.
Il Centro Studi Martino Martini svolge e incoraggia attività di studio, di ricerca e di documentazione sulla cultura, la storia, e la realtà sociale ed economica della Cina, operando in connessione con l’Università di Trento e in collaborazione con altri atenei e istituti europei e cinesi.
Intervengono su questi temi Fernando Orlandi, Paolo Rosa e Riccardo Scartezzini, nell’incontro-dibattito “La Cina di Mao e la Guerra Fredda”, organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale, che si terrà a Trento, mercoledì 4 marzo, nella “Sala degli affreschi” della Biblioteca comunale (Via Roma 55).
In occasione dell’incontro-dibattito verranno messe in mostra alcune rare pubblicazioni (in alcuni casi si tratta dell’unica copia accessibile in originale fuori dalla Cina): raccolte di testi inediti di Mao Zedong, libri a “circolazione interna”, circolari interne del partito e pubblicazioni della cosiddetta Rivoluzione culturale.
organizzazione: Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale - Fondazione Museo Storico del Trentino