La Grande Guerra in Valsugana

Convegno

L’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 è la scintilla che fa deflagrare la polveriera europea: prende così inizio la Prima guerra mondiale. La mobilitazione generale dell’esercito austroungarico inizia ai primi d’agosto, con il richiamo di tutti gli abili alle armi tra i 21 ed i 42 anni: lunghe tradotte portano valsuganotti e trentini a completare i ranghi di quattro reggimenti Kaiserjäger (la fanteria di linea tirolese) di tre reggimenti Landesschützen (truppe alpine) e di due reggimenti Landsturm (milizia territoriale) oltre a unità minori.
Il 23 maggio l’Italia consegna la dichiarazione di guerra all’Austria-Ungheria. Per la palese impossibilità di difendere il confine con le scarsissime forze allora disponibili, gli austriaci hanno già preventivato l’abbandono della Valsugana orientale, del Tesino, del Primiero-Vanoi e dell’altopiano della Marchesina, per ripiegare sul crinale principale del Lagorai che per 55 chilometri si estende da sud-ovest a nord-est tra il monte Panarotta e il Passo Rolle. La Valsugana viene sbarrata con una linea appena abbozzata all’altezza dei laghi di Levico e Caldonazzo, appoggiata ai forti di Tenna e di Col delle Benne. Un battaglione Landsturm e poco più di tre battaglioni Standschützen (composti da iscritti alle società di tiro al bersaglio in età dai 17 ai 20 anni e sopra i 42 anni), con meno di 3000 uomini in tutto, presidiano inizialmente il fronte tra il monte Cimone ed il Passo Cadino.
Tra il 24 maggio ed il 6 giugno gli italiani occupano il Tesino e la Valsugana tra Primolano e Ospedaletto. Borgo verrà occupato il 24 agosto e per quella data tutto il massiccio di Cima d’Asta-Rava-Tolvà cade in mano alle regie truppe senza combattimenti di rilievo. La lentezza dell’avanzata italiana è tale da indurre gli austriaci a spostare in avanti la loro linea di resistenza, che in autunno viene riposizionata all’altezza di Novaledo in fondovalle con appoggi laterali a Monte Carbonile in Val di Sella e sul colle di Sant’Osvaldo alle falde del Panarotta.
Singolare è in questo periodo la sorte delle popolazioni civili della bassa Valsugana e del Tesino: le autorità militari asburgiche, in previsione di un’avanzata italiana non contrastabile, hanno caldamente raccomandato l’evacuazione. Restie ad abbandonare abitazioni e averi alla mercè del saccheggio italiano, le genti di Valsugana preferiscono in maggioranza affrontare l’ignoto a casa propria. L’arrivo delle regie truppe è anzi preceduto da un periodo nel quale i paesi tra Strigno e Roncegno vengono pattugliati alternativamente da italiani e da austriaci, al punto che per gli abitanti entra nell’uso, al mattino, interpellarsi reciprocamente con un esilarante “semo ‘taliani o todeschi ‘ncòi?” (“Siamo Italiani o Austriaci oggi?”). Dopo il 24 agosto, con gli italiani stabilmente installatisi a Borgo e Olle, le popolazioni si devono adeguare a una relativamente tranquilla convivenza con l’occupante, facilitata del resto dalla lingua comune.

Sul fondovalle la linea italiana resta ferma all’altezza di Borgo, ma entro la fine dell’anno occupano la Val di Sella lasciando solo il Monte Carbonile in mano austriaca. A sud della Valsugana, lo schieramento italiano è ancora fermo dinnanzi ai forti austriaci degli altopiani. Le operazioni militari riprendono tra gennaio e marzo, con gli italiani che prendono Roncegno, Torcegno e Marter e iniziano la salita del costone orientale del Panarotta. Tra il 4 ed il 6 aprile gli italiani subiscono pesantissime perdite sul Panarotta. Segue una grande offensiva, con oltre 7000 uomini, tra il 12 ed il 13 aprile, sia sul fondovalle, verso Novaledo, sia sui fianchi. Fallita in Valsugana, l’offensiva sembra avere inizialmente successo sui fianchi. Ma il contrattacco austroungarico smorza presto ogni velleità.
Una calma relativa scende sulla valle fino alla vigilia dell’offensiva austriaca del maggio 1916, definita più tardi “Strafexpedition” (spedizione punitiva): si trattava di un attacco progettato per sfondare le linee italiane tra Adige e Brenta con lo sforzo principale concentrato sugli altopiani di Vezzena, Lavarone e Folgaria. Esauritasi la spinta offensiva austroungherese, i contrattacchi italiani del giugno 1916 cambiano di poco la situazione.
Il 1917 si apre con i postumi del terribile inverno: a Forcella Magna (2214 m) si sono registrate precipitazioni complessive per 14 metri di neve. La viabilità in quota è assai limitata e i disagi si prolungano fino al maggio 1917. In fondovalle la situazione ristagna. Le ripercussioni della battaglia dell’Ortigara, che dal 10 al 25 giugno infuria più a sud sull’orlo dell’Altopiano, sono minime in Valsugana.
Il 24 ottobre è il giorno di Caporetto. Le conseguenze della disfatta sull’Isonzo si manifestano in Trentino solo all’inizio di novembre, quando il fronte viene arretrato. La Valsugana trentina diventa retrovia dell’armata austroungherese impegnata nello scontro finale sul Grappa e sull’Altopiano dei Sette Comuni.
Il 1918 è un anno di tranquillità per la Valsugana belligerante: sui Lagorai si aggirano solamente squadre di artificieri e di operai militarizzati impegnati a disinnescare ordigni e a recuperare ciò che gli italiani hanno abbandonato nel corso della loro ritirata. Sul fondovalle i paesi si rianimano, per la presenza di militari delle unità a riposo o in addestramento: campi di addestramento per truppe d’assalto sorgono a Selva di Levico e a Tenna. Un aeroporto d’emergenza nasce a Grigno, mentre una rete di teleferiche si sviluppa per collegare il fondovalle con l’orlo dell’Altopiano tra Ospedaletto e Primolano. Ma i combattimenti sono lontani, e lo restano fino ai giorni del crollo. Sul Grappa si esaurisce in un fallimento l’ultima offensiva austroungherese del giugno, e ciò segna la fine di ogni speranza di vittoria per la duplice monarchia.
I mesi successivi vedono il tracollo della duplice monarchia. Il 3 novembre gli italiani sono a Borgo e truppe inglesi scendono a Levico da Monterovere, dove hanno superato senza incontrare resistenza i restaurati forti di Verle e Luserna.
Il 4 novembre, alle ore 15.00, terminano ufficialmente le ostilità a seguito dell’entrata in vigore dell’armistizio concordato giorni prima dalle due parti belligeranti a Villa Giusti, presso Padova.

Su queste vicende interviene mercoledì 25 luglio (alle ore 21 presso il Caffè Nazionale di Levico Terme, Piazza della Chiesa 1) lo storico Luca Girotto, il cui ultimo lavoro 1916 Un giorno sull’altopiano è stato da poco pubblicato da Silvy edizioni.