La isla minima

Di Alberto Rodriguez, Spagna 2014, 105'

Cinema

 

Profondo Sud della Spagna, 1980. In un piccolo villaggio nei pressi di un labirinto di paludi e risaie opera da qualche anno un serial killer responsabile della scomparsa di alcune adolescenti. Quando due giovani sorelle spariscono durante la festa del paese la madre chiede un'indagine e due detective della omicidi arrivano da Madrid per cercare di risolvere il mistero. Sia Juan che Pedro hanno una vasta esperienza nei casi di sparizioni con possibili omicidi ma differiscono nei metodi e nello stile. Dovranno ben presto fronteggiare ostacoli per i quali non sono preparati.
Arriva anche sui nostri schermi il film spagnolo che fatto incetta di premi nel 2014 (tra cui ben 10 Goya). Premi che si possono considerare meritati se lo si guarda non tanto con gli occhi dell'appassionato di thriller o di detection quanto piuttosto di chi, nel genere, cerca una lettura di una società. Perché di coppie di detective dalle personalità divergenti il cinema ce ne ha proposte in numero consistente e la televisione ha raggiunto una delle sue punte di eccellenza con la prima stagione della serie True Detective in cui agiscono due investigatori estremamente diversi tra loro per metodi e visioni della professione. Altrettanto utilizzata è l'idea del decentramento, cioè della immissione di coloro che indagano come corpi estranei in un microcosmo che diffida di loro. Ciò che conta quindi non è tanto scoprire il colpevole e vedere se sarà o meno punito quanto piuttosto la descrizione di una Spagna che, a pochi anni dalla morte del caudillo Francisco Franco, affronta il difficile percorso verso la democrazia.
La foce del Guadalquivir con le sue risaie inquadrate in più occasioni a piombo dall'alto ben rappresenta una nazione politicamente ancora 'paludosa' e i due protagonisti ne incarnano alla perfezione la difficoltà di decodifica. Se Juan è sempre pronto a mangiare e ad entrare in contatto con la realtà locale (anche se con una sofferenza sul piano fisico che tiene nascosta) Pedro è chiuso e di poche parole. La stessa collocazione sul versante politico sembra distanziarli in modo determinante. Ma - e qui il film acquista un suo peso specifico che trasforma il thriller in riflessione e in occasione di memoria di un passato non poi così lontano - entrambi sono cresciuti durante il franchismo che, in qualche misura, ha finito per permearne il comportamento anche quando questo è in suo aperto contrasto. Quando il magistrato, che ha i suoi dubbi non del tutto adamantini nei confronti del prosieguo dell'inchiesta, ricorda loro che 'ora siamo in democrazia' li mette dinanzi a uno specchio in cui rischiano di finire con l'assomigliarsi.
La isla minima si ritrova così ad essere un thriller della coscienza (politica e sociale) ricordandoci quanto sia difficile (e talvolta a lungo incompiuto) il passaggio per un Paese dalla dittatura alla libertà.                

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