Le conseguenze economiche della Grande Guerra (e della pace)
La seconda Guerra dei Trent'anni
Mercoledì 26 novembre 2014, alle 17,30, a Trento, nella Sala degli Affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55) il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e la Fondazione Museo Storico del Trentino organizzano l’incontro-dibattito “Le conseguenze economiche della guerra (e della pace)”. Interviene Andrea Bonoldi. Introduce Massimo Libardi.
Il periodo che precede la Prima guerra mondiale è un periodo di grande sviluppo dell’industria e dei commerci. Tra il 1840 e il 1914 soprattutto grazie alle nuove tecnologie che resero il mondo “più piccolo” – navi a vapore, ferrovie e telegrafo, energia elettrica, telefono e automobile – si va configurando quella che gli economisti chiamano la “prima globalizzazione” o anche “seconda rivoluzione industriale”. Un processo attraverso il quale mercati, produzioni, consumi e anche modi di vivere e di pensare divengono connessi su scala mondiale, grazie ad un continuo flusso di scambi che li rende interdipendenti e tende a unificarli. Per alcuni aspetti, il mondo del 1914 era integrato più strettamente di quanto non sia quello odierno.
Scriveva infatti John Maynard Keynes nel 1919: “Che straordinaria stagione nel progresso dell’uomo fu quella che terminò bruscamente nell’agosto del 1914! ... L’abitante di Londra poteva ordinare per telefono, mentre sorseggiava il suo tè del mattino a letto, una quantità di prodotti provenienti dall’intero globo e nello stesso modo poteva investire la sua ricchezza nelle risorse naturali e nelle nuove imprese di ogni angolo del globo... poteva inoltre utilizzare mezzi di trasporto rapidi e a buon mercato per recarsi in ogni nazione e clima senza bisogno di passaporto o di altre formalità”.
Tutto questo è cancellato dallo scoppio della guerra e bisognerà aspettare gli anni Cinquanta del Novecento per avere standard di vita simili a quelli del 1914.
La guerra non solo distrugge reti di comunicazione, infrastrutture e fabbriche ma anche – e soprattutto – la fiducia reciproca, la rete di scambi e di contatti. Anche l’agricoltura entra in crisi: i campi dove sono avvenuti i combattimenti sono coperti di macerie, scavati dalle trincee, ingombri di filo spinato e materiale abbandonato. Ci vorranno anni perché tornino ad essere coltivati.
Nella prima guerra mondiale hanno manifestato il loro potenziale distruttivo due forze che avevano caratterizzato profondamente lo sviluppo dei decenni precedenti: la massificazione dei fenomeni politici, economici e sociali e l’innovazione tecnologica.
A partire dalla metà dell’Ottocento si estesero gradualmente gli spazi della rappresentanza politica e sociale, con lo sviluppo di movimenti, partiti e sindacati e l’estensione del diritto di voto, che provocò trasformazioni importanti nelle assemblee elettive. Ampi strati della popolazione cominciarono anche ad essere pienamente coinvolti nell’economia di mercato, sia come consumatori, che come fornitori di forza lavoro.
La guerra, che scoppiò per ragioni essenzialmente politiche più che non economiche, assunse in breve una configurazione di massa e industriale. La numerosità degli eserciti che si scontrarono sui diversi fronti non conosceva precedenti, richiese la mobilitazione pressoché totale di un’intera generazione ed esercitò una pressione fortissima sulla società civile. Assunse inoltre un ruolo strategico cruciale la qualità e la quantità delle forniture militari – armi, equipaggiamenti, mezzi di trasporto, derrate – che le diverse economie nazionali dovettero garantire.
La lunga durata del conflitto ha contribuito a far sì che lo sforzo richiesto ai sistemi produttivi sia stato enorme, con una drammatica riallocazione delle risorse dal consumo privato e civile a quello militare. In questo contesto la finanza pubblica ha dovuto ricorrere a tutti i mezzi disponibili per procurare allo stato i mezzi necessari per far fronte alla spesa bellica: inasprimento fiscale, espansione monetaria e massicce emissioni di tioli del debito pubblico (i prestiti di guerra).
Le conseguenze economiche della guerra sono state infine pesanti non solo per i vinti, ma anche per vincitori. Al di là delle perdite umane e materiali dirette causate dal conflitto, i sistemi economici e gli equilibri sociali erano stati sconvolti, ed era stata distrutta una parte importante della ricchezza delle nazioni coinvolte, con effetti che sarebbero perdurati a lungo dopo la fine delle ostilità.
A ciò si aggiunsero i gravi errori che anche sotto il profilo economico furono commessi a Versailles durante le trattative di pace, contribuendo a creare una situazione di instabilità che negli anni successivi avrebbe avuto gravi conseguenze.
La Germania sarà economicamente messa in ginocchio dai punitivi trattati di pace e dal pagamento dei danni e un decennio dopo la grande crisi del Ventinove minerà le fragili democrazie aprendo la via ai totalitarismi.
Nell’incontro “Le conseguenze economiche della guerra (e della pace)”, che si terrà a Trento mercoledì 26 novembre, alle ore 17,30, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55), verranno affrontati in generale questi aspetti, che saranno inoltre illustrati anche alla luce di alcuni richiami alla situazione particolare del Tirolo storico di quegli anni.
L’incontro è organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e dalla Fondazione Museo Storico del Trentino. Interviene Andrea Bonoldi, docente al Dipartimento di economia e management dell’Università degli studi di Trento.
L’iniziativa rientra nel programma ufficiale della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Struttura di Missione per gli anniversari di interesse nazionale per la commemorazione del centenario della Prima Guerra Mondiale.
organizzazione: Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale - Fondazione Museo Storico del Trentino