Lubomyr Melnik

Filosofo per studi universitari e musicista per passione, il 70enne pianista di origine ucraina è strumentista dotato di una velocità di esecuzione da Guinness dei Primati: in media 13 note al secondo, con picchi di 19. E tuttavia, più che virtuoso, lo si consideri visionario: la nozione di “musica continua” da lui espressa nel 1979 in “KMH: Piano Music in the Continuous Mode” (incluso nei tardi anni Ottanta dal “Village Voice” in una lista dei “dieci dischi di cui non si può fare a meno”) e nel 1981 teorizzata nel saggio “Open Time” costituisce un approccio massimalista alle procedure del minimalismo. A lungo outsider ignorato dall’accademia (“Per loro sono come un cane che sa fischiare”, disse a tale proposito in un’intervista) e bohémien negli anni Settanta a Parigi, dove collaborò con la coreografa Carolyn Carlson, solo di recente – con il marchio Sony Classical impresso nel 2016 sull’album “Illirion” – ha ottenuto diritto di cittadinanza in ambito colto.