Nomina nuda tenemus: nei nomi dei luoghi ladini, storie, sensazioni e passioni antiche e attuali da toccare e vivere all’Istituto Ladino

Tra gli eventi dell’Aisciuda Ladina – Festival della lingua 2025, la Majon di Fascegn propone un’iniziativa fuori dall’ordinario per scoprire i luoghi, le credenze e i tesori della Val di Fassa.
"Nomina nuda tenemus: nei nomi dei luoghi ladini, storie, sensazioni e passioni antiche e attuali da toccare e vivere all’Istituto Ladino"
Nella sala grande del Tobià de la Pieif a Vigo di Fassa, l’Istituto Culturale Ladino – in collaborazione con Kriedes Studiolo (atelier di ceramiche) e Aurona Ores (brand ladino di gioielli realizzati con le crete della Val di Fassa) – presenterà un evento fuori dagli schemi per celebrare l’Aisciuda Ladina – Festival della lingua 2025. Sarà un viaggio che la Majon di Fascegn propone a tutti per scoprire, toccare e ascoltare ciò che ha da raccontare la “terra” della Val di Fassa.
"Nomina nuda tenemus": un titolo non convenzionale per portare alla luce in maniera originale il tema delle ultime edizioni dell’Aisciuda Ladina: la toponomastica. "È stato dato all’evento un nome tratto dall’ultima frase del libro di Umberto Eco Il nome della rosa, perché i luoghi ladini, con i loro nomi curiosi e spesso di difficile comprensione, custodiscono nel loro significato, ma anche nella natura dei luoghi che designano, storie, racconti, sentimenti, esperienze e originalità che derivano da un legame profondo con il passato, ma anche da esperienze di oggi. Nomi nudi nei quali tuttavia molti si rispecchiano con esperienze personali e identitarie diverse, legate al profondo senso di appartenenza dei ladini alla propria terra", ricorda la direttrice dell’Istituto, Sabrina Rasom.
Attraverso video, esperienze sensoriali con le argille della Val di Fassa, interviste e testimonianze, verrà offerto un momento coinvolgente e elegante in cui Katiuscia Rasom e Carlotta Nemela di Aurona Ores, insieme all’Istituto, racconteranno del legame con le argille della Val di Fassa e l’amore per i simboli della tradizione ladina che le hanno accompagnate in un viaggio di profonda scoperta della loro identità e dei luoghi della loro regione; di come i colori delle argille diano vita a gioielli che racchiudono in sé il sentimento di appartenenza alla Val di Fassa.
"Quando siamo state invitate a partecipare a questa edizione dell’Aisciuda Ladina, abbiamo capito che non potevamo solo raccontare dei gioielli: dovevamo farli vivere alle persone, farli toccare, annusare, sentire sulla pelle, perché ciò che li rende davvero speciali è la materia di cui sono fatti", spiega Katiuscia Rasom.
Dunque lunedì 5 maggio – una data molto importante per la storia ladina, perché si ricorda la prima volta in cui sul Passo Gardena nel 1920 fu issata la bandiera dei tre colori – blu come il cielo, bianco come la neve e verde come i prati – all’Istituto la gente della Val di Fassa intraprenderà un viaggio nella meraviglia della natura, delle argille e dei nomi dei luoghi dove è nata e ancora oggi sopravvive vivace la sua identità.
E questi nomi “nudi” dei luoghi raccontati: Duron, la Lèsta, Dona, Besadoi, Busc da la giacia si riempiranno di nuove storie, diverse, ma che portano tutte a quel nome primo, antico, primigenio (come scriveva Umberto Eco), che riconduce al primo legame innato degli abitanti della Val di Fassa con la propria terra ladina.