Selvaggi

Dall’Australia, Katherine Johnson

Incontri e convegni , Laboratorio

Un appuntamento eccezionale quello che vi proponiamo: per motivi di fuso orario, in quest’anno di presentazioni on line obbligate, solo l’Australia era rimasta fuori dalla nostra portata.

Ecco finalmente che un po’ di quella lontanissima terra arriva fino a noi e lo fa grazie alla stessa casa editrice che pochi anni fa ci aveva regalato la visita di Peter Cochrane, lo storico prestato alla letteratura capace di raccontarci la nascita della sua Australia.

L’ospite di questa sera è invece Katherine Johnson, nata nel Queensland, in Australia, e cresciuta lungo il fiume Brisbane, dove ha lavorato come giornalista scientifica.

È autrice dei romanzi Pescador’s Wake (2009), The Better Son (2016) e Matryoshka (2018), oltre a Selvaggi (Paris Savages, 2019), basato su accurate ricerche effettuate in Australia, Francia e Germania e selezionato nel 2020 per l’Australian Book Industry Awards (ABIA).

Oggi vive in Tasmania con il marito e due figli.

Basato su una storia vera, ‘Selvaggi’ ci fa viaggiare dall’Australia coloniale al cuore dell’Europa nel biennio 1882-83, quando tre giovani aborigeni furono fatti esibire – in lotte, danze e lancio del boomerang – davanti a un pubblico di massa nei cosiddetti “zoo umani”, spettacoli etnici molto diffusi all’epoca.

Bonny, Jurano e Dorondera non furono certo i soli: si stima che, tra il 1800 e il 1958, oltre 35.000 “performer esotici” furono ammirati da un miliardo di spettatori sulle due sponde dell’Atlantico.

In questo romanzo, per la prima volta, l’autrice predilige il punto di vista dei presunti “selvaggi”, storicamente esclusi dai resoconti ufficiali di quanto avveniva nei giardini botanici, nei parchi pubblici e nelle esposizioni universali.

Pur non potendo contare sulle testimonianze dirette dei tre giovani aborigeni prelevati dall’Isola di Fraser (la meravigliosa e incontaminata “isola dei dingo”), Katherine Johnson immagina la loro storia facendo interagire personaggi reali, tra cui numerosi scienziati interessati alle teorie della razza e dell’evoluzione umana, e altri di finzione; tra questi ultimi, Hilda, giovane tedesca che, dopo sei anni trascorsi nelle colonie australi della Corona d’Inghilterra, intraprende il viaggio insieme a suo padre (l’ingegnere Luis Müller, altro personaggio realmente esistito) e ai tre ragazzi aborigeni, di etnia batdjala, che ormai considera suoi amici.

Ne risulta una vicenda al contempo appassionante e dolorosa, in cui si alternano l’euforia della scoperta, i palpiti amorosi e il senso di impotenza di fronte alle ingiustizie e all’atavica stupidità degli uomini.

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