Viaggio nell'immaginario popolare del trentino

Mostra

55° TrentoFilmFestival
Mostre

Viaggio nell'immaginario popolare del trentino
Storie di uomini selvatici, di anguane, e di altro ancora… Šebesta e Foches

Mostra a cura di Giovanni Kezich
Organizzata Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina e Camera di Commercio I.A.A. di Trento, per l’allestimento di EsaExpo

Il Sas de la stria, il Cròz de le vivane, il Capitèl de l òm selvadech...: un po’ ovunque nelle valli del Trentino si riconoscono ancora, e si possono vedere con gli occhi e toccare con mano, i luoghi dell’antica leggenda.
Se ne era accorto Šebesta, autore già nel 1962 di un libro ormai classico, Le dita di fuoco. Venti fiabe di valli trentine, e se ne è accorto oggi un giovane designer, Andrea Foches, partito anche lui per le valli alla ricerca degli ambienti e delle suggestioni originarie delle leggende popolari dell’uomo selvatico e delle anguane. Anguane, o aquane, o vivane, da un lato, e òmeni selvàdeghi, salvani o salvanèi dall’altro, sono infatti ancor oggi nel Trentino le due famiglie più diffuse e inestinguibili di figure leggendarie: le ninfe misteriose dei laghi e dei torrenti, talora catturate dall’uomo per qualche breve quanto traumatico contatto coniugale, e l’omone bonario, ovvero l’omino dispettoso – talora orco, e talora folletto – ma pronto a regalare all’uomo, dopo tante vicissitudini e dispetti, anche grandi tesori e indicibili segreti: primo fra tutti, quello finora ignoto del far formaggio.
Questa mostra mette a confronto gli esiti materiali di due diversi viaggi nella leggenda trentina, proponendo le importanti nuove realizzazioni di narrativa multimediale di Andrea Foches insieme agli indimenticabili pupi colorati un po’ alla Depero scaturiti dalla vulcanica fantasia di Šebesta mezzo secolo fa.
Così, il giovane designer presenta per la prima volta tutto insieme l’esito di un lavoro originale e innovativo, che lo ha portato sulle tracce dell’uomo selvatico prima, e delle anguane poi, ai quattro angoli del territorio.
E, avendo raccolto e analizzato nei minimi dettagli tutte le versioni edite delle narrazioni tradizionali, Foches ha poi ispezionato di persona i luoghi della leggenda, alla ricerca di ambientazioni e di riferimenti iconografici plausibili per l’invenzione di nuove versioni multimediali di altissima qualità computergrafica e di fortissimo impatto emotivo.
Del vecchio maestro Šebesta, purtroppo scomparso nel 2005, vengono riproposte la sintesi e la rielaborazione di leggende vecchie e nuove, di cui torniva e scolpiva con le proprie mani i personaggi, che collocava al centro di set tridimensionali visionari appositamente allestiti, per realizzarvi, con una tecnica simile a quella del cinema d’animazione, immagini fotografiche di grande efficacia illustrativa.
«Perché piacciono le fiabe?» si chiedeva Italo Calvino. «Perché sono vere...», diceva.
E così, se nel mondo della fiaba e della leggenda, come sulle tracce del salvanèl, si rischia forse anche di perdersi, se ne può guadagnare, a percorso completato, nel Trentino come altrove, almeno un po’ del tesoro dell’antica sapienza dei popoli. (G.K.)

Bèpo Šebesta
Giuseppe Bèpo Šebesta (1919-2005) apprende fin da bambino dal padre Mathej, nativo di Tyn nad Vltavou nella Repubblica Ceca, graffitista e decoratore di vaglia, i rudimenti di una manualità artistica a tutto campo che lo accompagnerà per tutta la vita, come disegnatore, vignettista, pittore, fotografo, documentarista e sperimentatore scientifico.
Dopo la guerra, interrotti gli studi di chimica, trascorre un lungo periodo nell’isolamento ancora pressoché completo della valle dei Mòcheni, che lo avvincerà per sempre alle tradizioni più intime e misconosciute della gente di montagna: quelle materiali e manuali del lavoro del legno, del ferro, della pietra e dei tessuti, e quelle più volatili della fiaba e della leggenda locali. Forte di questa esperienza, nel 1966, Šebesta concepisce l’idea di un grande Museo delle tradizioni popolari che realizzerà di lì a due anni nell’antico monastero agostiniano di San Michele all’Adige.
È il Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina, forse il maggiore dei musei regionali italiani di tradizioni popolari, cui faranno seguito, a distanza di qualche anno, il Museo degli Usi e Costumi della Gente di Romagna, e il Museo degli Zattieri di Codissago sul Piave, a testimonianza di un lascito metodologico che, nel campo della museografia etnografica, resta in Italia del tutto fondamentale.

Andrea Foches
Andrea Foches è un giovane designer trentino formatosi a Firenze. Il suo Viaggio nell’immaginario popolare del Trentino comincia intorno al 1998, in occasione del lavoro di preparazione della tesi di laurea per l’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche (ISIA) di via degli Alfani. Foches studia l’intero repertorio edito delle leggende del Trentino, che ricopia diligentemente dai libri, scompone e analizza pezzo a pezzo. Ma per il rendering, la rappresentazione al computer delle vecchie storie, vuole i luoghi veri, i personaggi veri: così, comincia a girare per le valli, in cerca delle ambientazioni autentiche e, fin che si può, di qualche traccia viva dei personaggi. Nei musei, a San Michele all’Adige e a San Giovanni di Vigo, va a cercare maschere e costumi, mobili, oggetti di uso quotidiano, suppellettili minute...
L fus de or, una leggenda della valle di Fassa, è il primo racconto realizzato con questa tecnica. Così l’uomo selvatico, la bregostana, la giovane contadina Orsola e la cattiva matrigna, vengono realizzati costruendo intorno alle maschere di legno scovate nei musei, dei personaggi tridimensionali, secondo le tecniche più sofisticate dell’odierna computergrafica. Seguiranno altre cinque realizzazioni narrative sull’uomo selvatico e, negli anni successivi, le Anguane. A venire, ancora Bregostane e la Caccia selvaggia: il viaggio continua…


organizzazione: Museo degli Usi e Costumi della Gente Trentina - Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura di Trento