Volpone

di Ben Jonson

Teatro

Molla dell'azione e centro di tutto l'intrigo è l'ORO. Attorno al denaro ruota l'intera vicenda, in un balletto popolato da strani e bizzarri personaggi, alcuni dai nomi favolosamente animaleschi, ingordi e astuti, ma alla fine tutti perdenti.

Questo è “Volpone”, dove la farsa sfiora la tragedia e la beffa si tinge di inumana cattiveria. Si ride, si gioca ad essere crudeli, si sghignazza, ci si traveste e ci si inganna per restare alla fine angosciati di fronte al precipizio in cui può cadere una persona che si rende schiava della sua avidità, ossessionata dalla sete di fare quattrini.

Una terribile buffonata in cui si descrive una società che – ieri come oggi – ha posto al centro della vita il “Dio Denaro” con l'illusione che con la ricchezza si possa ottenere tutto.

Volpone, vecchio gentiluomo veneziano, spalleggiato dal subdolo servo Mosca, si finge moribondo per mungere denaro e favori da un manipolo di clienti sciocchi, avidi e rapaci (i loro nomi ricordano quelli di tre uccellacci), che trafficano nella famelica speranza di ottenere la sua eredità. Con l'inganno il protagonista non solo scopre la finzione dei falsi amici, ma ottiene regali preziosi, arrivando persino a progettare un intrigo erotico con la bellissima moglie di uno dei suoi “clienti”.

Il finale smaschera e punisce ingannatori e ingannati, ribadendo l'immagine di un mondo dove tutti sono colpevoli, e tutti dannati. L'intreccio si fonda dunque sulla menzogna e l'uso sistematico di travestimenti, con personaggi che risultano solo caricature.

“ORO” parola magica che fa girare i lati oscuri del mondo: lo spettacolo non poteva finire che “inevitabilmente” con il brano musicale “L'estasi dell'oro”.