EROINE RODARIANE

Alice – Delfina - Rita

Cascherina - sognatrice - dai capelli d’oro

Alice cascherina. Delfina sognatrice. Rita capelli d’oro

Tre figure femminili uscite dalla fantasia e dalla scrittura di Gianni Rodari, interpretate dall’artista trentina Alessia Carli.

Alice cascherina” è è apparsa sul Corriere dei piccoli nel 1961, per poi confluire nelle Favole al telefono di Gianni Rodari nell’anno successivo.

Alice cade ovunque per il gusto di andare a curiosare dappertutto: cade nella sveglia, nella bottiglia, nel fondo dei cassetti, nel taschini di papà e nel mare. Il suo “cadere” è sinonimo di guardare dentro al mondo, di abbandonarsi alle sue manifestazioni e proprio per questo Alice diventa espressione di quell’infanzia libera, libera di sperimentare tutto ciò che vede nel mondo, vivendolo con il corpo e con tutti i sensi. Alice Cascherina è l’emblema della curiosità dell’infanzia, che entra dentro alle cose toccandole, avvicinandosi il più possibile, cadendoci all’interno per sperimentare limiti e orizzonti. È lo sguardo magico e sempre vivace espressione di un percorso formativo che porta a costruire gli individuali pensieri, le personali preferenze.

Nella sua tavola Alessia Carli richiama l’immagine di Alice nel paese delle meraviglie. Quell’infanzia che non si pone limiti di accesso alle cose, di cambiamento e di trasformazione. Quell’infanzia libera che osa, che sperimenta, che crede che tutto sia possibile, che prevarica le costrizioni morali dei genitori o i limiti ambientali o imposti dalla società. Quell’infanzia rappresentata dalla dolcezza delle ciliegie. La tavola è divisa in due campiture di colore: azzurro, che evoca il mare nel quale cade Alice della novella rodariana, e rosa che ricorda il mondo dell’infanzia. Due visioni che si intrecciano, quella letteraria dello scrittore piemontese e quella personale dell’artista trentina che ripensa alle “infanzie”, la sua e quelle ormai diventate un classico della Letteratura, come quella di Lewis Carroll. Su tutto l’immagine di una figura femminile dai folti e ingombranti capelli che avvolgono lei, il grande pesce e i suoi pensieri, in un’armonia di movimento pari a quella lenta delle onde nel mare aperto. Un viso assorto, inclinato, quasi a piegarsi per il piccolo spazio nel quale è contenuto tutto il corpo, osserva un altrove che non vediamo ma che possiamo immaginare. Una conchiglia è decorazione dei capelli ma anche perno dal quale è disegnata la figura. L’altro elemento marino, il pesce, guarda il viso di Alice con dolcezza ebbra d’amore, in una consonanza d’intenti e di esistenze. Le linee morbide, sinuose, avvolgenti riempiono la tavola di segni, regalando quiete. 

“C’era una volta, a Modena, la lavanderia a secco della signora Eulalia Borghetti, una vedova che viveva con due figliole, Sofronia e Bibiana, e teneva con sé anche una nipote povera, Delfina. La teneva per carità, s’intende. A Delfina non era mai permesso di dimenticarlo. Una rozza vestaglia grigia era la sua uniforme, tanto nei giorni feriali che in quelli festivi. E mai una volta all’Opera, lei, o a teatro, o al ballo. E guai se si arrischiava a gettare un’occhiata fuori dalla vetrina del negozio”. Ecco “Delfina al ballo” una delle protagoniste raccontate da Gianni Rodari in Gip nel televisore e altre storie in orbita, capace di sognare ed essere intraprendente nonostante tutto. Una ragazza che interpreta con nuova luce e prospettiva l’immagine di Cenerentola regalandoci una figura femminile sicura di sé. In questa fiaba Gianni Rodari capovolge gli equilibri tradizionali di genere. Delfina è una donna sognatrice che fantastica con la testa tra le nuvole. Ma Delfina è anche una donna che sa realizzare da sola i propri sogni e desideri. Una donna che sceglie in autonomia mettendo al centro delle sue intenzioni l’accettazione di sé, l’indipendenza di pensiero, non lasciandosi intimidire dalla pressione sociale.
Nel lavoro di Alessia Carli, Delfina si tinge di arancione, la coda di una stella cometa o la scia di un razzo se si vuole rimanere più aderenti al dato letterale, sono il sogno che sta percorrendo. I suoi occhi chiusi portano nell’aldilà, in un altrove fatto di realtà immaginata, di utopie visionarie, di illusioni possibili. I suoi capelli diventano nuvole e tutto ricorda le esplorazioni notturne nel mondo dei sogni. Delfina nuota, serena, segue con l’onda del suo corpo la spinta dei pensieri. E in questo mare “navigar l’è dolce”.

“Un giorno, in casa di certi contadini, a metà strada fra il paese e i boschi, nacque una bambina dai capelli d’oro. - Che bella biondina – dissero i vicini quando la videro. Era stata chiamata Rita, ma i vicini continuarono a chiamarla Bella Biondina anche quando crebbe e cominciò a sgambettare in cortile. Da quelle parti tutti hanno i capelli neri, quelli biondi sono una rarità”. Così inizia la fiaba La bambina dai capelli d’oro con Rita nata in un paese dove gli abitanti hanno tutti i capelli neri mentre i suoi sono d’oro e contemporaneamente anche una gabbia. La fiaba coglie la voglia di cambiare il proprio destino, di diventare ciò che si pensa sia migliore per se stessi.

L’emancipazione femminile è il senso potente della novella rodariana così come quello dell’interpretazione di Alessia Carli. La metafora forte e simbolica dei capelli bruciati o tagliati serve a riaffermare l’identità e unicità della sua esistenza. La chioma, questa volta, non è folta, ondulata, ingombrante come in alcune altre tavole. È la lunghezza che evidenzia la longevità dell’acconciatura, non la sua cura. Ai piedi di Rita, appoggiati a destra e sinistra della figura, due mucchietti di capelli biondi, tagliati. È l’interruzione di una cura che si propone, la rottura con un’attenzione quotidiana verso un elemento del proprio corpo, forse tra i più importanti. Il taglio, deciso, netto, provocatorio, non per nulla Rita guarda l’osservatore diritto negli occhi, rivendica la possibilità di riappropriarsi della sua infanzia - il rincorrere le farfalle o il raccogliere conchiglie - e lo fa con una sorta di maligna soddisfazione. Il vestito da donna, scompare, si fa trasparente per rivivere quella libertà del corpo tipica dell’infanzia che tutto vuol conoscere con i sensi.

redazione
parte di: EROINE RODARIANE

18/12/2020