#10. Un quadro di sintesi
Appunti per riconoscere le tecniche di ripresa e di stampa
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Concludiamo la nostra rubrica con brevi indicazioni per il riconoscimento dei procedimenti fotografici più utilizzati nel corso del XIX secolo, richiamando le principali denominazioni alternative con cui sono noti.
Le prime sezioni sono dedicate ai procedimenti di ripresa per la produzione di esemplari “unici” (dagherrotipia, ambrotipia, ferrotipia) o di negativi riproducibili (calotipia, collodio umido, gelatina sali d’argento), quindi ai procedimenti di stampa ai sali d’argento (carta salata, carta albuminata, carte aristotipiche, carta al collodio matt, carta alla gelatina a sviluppo); alle schede di queste tecniche fotografiche, basate tutte sulla fotochimica dell’argento, segue la sezione riservata ai procedimenti di stampa ai sali ferrici, che sfruttano la sensibilità alla luce dei composti del ferro (cianotipia, platinotipia).
Dagherrotipia |
Fu il primo procedimento di ripresa per la produzione di fototipi unici ad avere larga diffusione internazionale. Una lastra di metallo, in particolare rame, levigata a specchio, è sensibilizzata con argento e vapori di iodio; dopo l’esposizione è posta in un contenitore riscaldato con mercurio i cui vapori si depositano sulla sua superficie in proporzione alla quantità di luce ricevuta. L’immagine è fissata in una soluzione di iposolfito di sodio.
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Ambrotipia |
Particolare applicazione del collodio destinata alla produzione di un’immagine direttamente positiva. Una lastra di vetro, ricoperta da uno strato di collodio addizionato di ioduro di potassio, sensibilizzata in una soluzione di nitrato d’argento, dopo l’esposizione è collocata su un cartoncino o un velluto nero, oppure verniciata di nero sul verso. Il colore grigio-avorio dell’immagine viene ulteriormente chiarificato durante il procedimento.
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Ferrotipia, |
Particolare applicazione del collodio destinata alla produzione di un’immagine direttamente positiva, più pratica ed economica della precedente. Il collodio addizionato di ioduro di potassio e sensibilizzato in una soluzione di nitrato di argento in questo caso è spalmato su una sottile lastra di metallo, ferro o latta, preventivamente laccata di nero. Il colore grigio-avorio dell’immagine è ulteriormente chiarificato durante il procedimento.
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Calotipia, talbotipia |
Primo procedimento di ripresa fotografica basato sul sistema negativo-positivo. Un foglio di carta di ottima qualità e bassa grammatura, spennellato con nitrato d’argento, è immerso in una soluzione di ioduro di potassio, sciacquato e lasciato asciugare. Al momento dell’utilizzo, il foglio è sensibilizzato con una soluzione di nitrato d’argento e altre sostanze, immerso in acqua, fatto asciugare e infine caricato in camera oscura. Dopo l’esposizione, l’immagine latente è trattata con la medesima soluzione e fissata con iposolfito di sodio. La carta è generalmente trattata con cera per incrementarne la trasparenza, la definizione, e favorirne la stampa sulla carta salata, a contatto.
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Collodio umido |
Procedimento totalmente manuale, predominante per quasi trent’anni. Una lastra di vetro è ricoperta da uno strato di collodio addizionato di sali (ioduri o bromuri) e sensibilizzata mediante immersione in una soluzione di nitrato d’argento. Dopo l’esposizione, è sviluppata in una soluzione di solfato ferroso e fissata nella soluzione di iposolfito di sodio. La preparazione, l’esposizione, lo sviluppo e il fissaggio devono essere espletati in pochi minuti in modo che il collodio rimanga umido e permeabile alle soluzioni di trattamento, pena la perdita dell’immagine.
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Gelatina-sali d’argento, gelatina |
Procedimento rivoluzionario che libera il fotografo dalla preparazione manuale dei supporti, ancor oggi in uso nella produzione dei materiali analogici contemporanei. Sul supporto – inizialmente una lastra di vetro – è stesa un’emulsione composta da una soluzione calda di gelatina addizionata di sali (cloruro di sodio, bromuro di potassio) e di nitrato d’argento. La lastra asciugata può essere conservata per un certo periodo di tempo prima della sua esposizione; una volta esposta è sviluppata in una soluzione di idrochinone o metolo e fissata.
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Carta salata |
Primo procedimento di stampa nella storia della fotografia, utilizzato per la stampa a contatto dei calotipi e dei primi negativi al collodio. La carta, di buona qualità e di elevata grammatura, è immersa o fatta galleggiare in una soluzione di acqua e sali (cloruro di sodio o d’ammonio); una volta asciutta, sensibilizzata con nitrato d’argento per galleggiamento o per mezzo di pennello, è esposta alla luce solare e fissata con iposolfito di sodio.
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Carta albuminata |
Procedimento che si differenza dalla carta salata per l’utilizzo dell’albumina al posto dell’acqua. La carta, compatta e molto sottile, è fatta galleggiare più volte in una bacinella contente una soluzione di albumina e sali (cloruro di sodio o d’ammonio); al momento dell’utilizzo è sensibilizzata per galleggiamento con una soluzione di nitrato d’argento e poi fissata. Frequente il viraggio all’oro.
Colore molto variabile, dal rosso-arancio al bruno porpora, fino al viola intenso; superficie lucida e immagine brillante
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Aristotipia. |
Procedimento simile a quello della carta albuminata che si diffonde con l’avvento della nuova tecnologia dell’emulsione. La carta al collodio, fabbricata industrialmente e già pronta per l’uso, presenta uno strato di barite (solfato di bario e gelatina) su cui è steso il collodio; le fibre del supporto cartaceo sono invisibili.
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Aristotipia. |
Procedimento introdotto poco dopo quello della carta al collodio. La carta alla gelatina, fabbricata industrialmente e già pronta per l’uso, presenta uno strato di barite su cui è stesa l’emulsione alla gelatina; le fibre del supporto cartaceo sono invisibili.
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Carta al collodio-matt |
Procedimento utilizzato per la ritrattistica di alta qualità dalla finitura molto elegante, ottenuta mediante un doppio viraggio, all’oro e al platino. Il collodio è steso su uno strato sottile di barite tanto che le fibre del supporto cartaceo possono essere parzialmente visibili.
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Carta alla gelatina a sviluppo |
Procedimento che per alcuni lustri si affianca alle tecniche ad annerimento diretto, divenendo dominante soltanto nel secondo decennio del Novecento; è tuttora utilizzato per la stampa contemporanea su supporto tradizionale o plastificato. Rispetto alle carte ad annerimento diretto, che richiedevano decine di minuti di esposizione alla luce solare, a volte anche ore, la stampa a sviluppo riduce a pochi minuti il tempo di esposizione della carta ad una qualunque luce; come nel caso delle tecniche di ripresa, si forma così un’immagine latente, poi trasformata in immagine visibile grazie al trattamento chimico dello sviluppo durante il quale i sali d’argento sono ridotti in argento metallico. Le prime carte a sviluppo, non essendo baritate, sono tecniche a due strati, con colore grigio più o meno neutro.
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Cianotipia |
Uno dei primi procedimenti di stampa, ancor oggi utilizzato nell’industria editoriale per i disegni tecnici e le bozze di stampa (le cianografiche). Sfruttando la sensibilità alla luce dei composti del ferro, permette la realizzazione di immagini di colore blu. La carta è trattata con una soluzione di citrato ferrico-ammoniacale e ferricianuro di potassio; l’esposizione alla luce trasforma il sale ferrico in citrato ferroso e questo, a sua volta, il ferricianuro di potassio in due composti insolubili, il blu di Prussia e il blu di Turnbull.
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Platinotipia |
Procedimento tra i più famosi e raffinati di tutti i tempi, molto diffuso in ambito pittorialista e nella ritrattistica, che utilizza i sali di platino e, dopo la prima guerra mondiale, i sali di palladio. La carta, venduta industrialmente o preparata manualmente dal fotografo, è sensibilizzata con una soluzione contenente sali ferrici e cloruro doppio di platino e potassio; dopo l’esposizione alla luce è sviluppata in una soluzione concentrata di ossalato di potassio cosicché il sale ferroso riduce immediatamente il cloruro di platino in platino metallico nero; è poi trattata in una soluzione diluita di acido cloridrico per eliminare i sali di ferro e di platino residui e infine lavata.
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Per saperne di più
Lorenzo Scaramella, Fotografia. Storia e riconoscimento dei procedimenti fotografici, Roma 1999
09/04/2020