Viaggio nel contemporaneo: la primavera del teatro di Prosa

Entriamo nella rassegna "Tendenze prosa" con alcuni frammenti da Francamente me ne infischio, spettacolo firmato da Antonio Latella. 

“Abbiamo scelto di collocare Tendenze prosa in una fase avanzata di programmazione del cartellone per offrire al pubblico un corpus unitario e dare continuità a uno spazio di osservazione della drammaturgia contemporanea – ha esordito Francesco Nardelli, direttore del Centro Santa Chiara -. Cinque titoli per dare visibilità a compagnie di drammaturghi e artisti, sia nazionali sia trentini”.

Con il direttore, all'incontro stampa del 24 marzo a Palazzo Festi, erano presenti: Emanuela Rossini, consulente per la Stagione di prosa, l'art manager della Compagnia di Antonio Latella, Michele Mele, ed Elena Marino, regista dello spettacolo proposto dalla Compagnia “Teatrincorso/Spazio 14”. 

Entrando nel merito della programmazione, Emanuela Rossini  ha tracciato una foto sintetica della rassegna, parlando di cinque spettacoli “con specificità forte, di tendenza, come cinque colori”, affinché il pubblico abbia una “una mappa su quanto si sta muovendo nel panorama nazionale della prosa in quanto a sperimentazione, talento, figure guida in grado catturare l'attenzione delle generazioni più giovani”.

In riferimento ad Antonio Latella – che ha firmato  Francamente me ne infischio, lo spettacolo che venerdì 27 inaugurerà la stagione - Rossini ha parlato di un “grande sperimentatore di forme che si interroga su cosa possa essere il teatro, andando a rivedere le convinzioni cui siamo abituati”. Del regista di 456, Mattia Torre, ha invece sottolineato il suo essere un “grande sperimentatore di linguaggio. La parola in teatro viene da lui ‘risciacquata’, reinventata nella contemporaneità” - ha aggiunto la consulente. Quella di War now! viene presentata da Rossini come una giovane compagnia che “va a rivedere, sollecitare, riscrivere il rapporto con il pubblico. Lo spettatore è invitato a chiedersi ‘perché sono qui?'. I Shakespeare “è interessante perché interroga il personaggio, in genere ci chiediamo poco chi è l'io del personaggio in scena – ha continuato -. Un pungolo per chi studia Shakespeare perché il personaggio viene attualizzato, senza attualizzarlo, però, nella realtà. A chiudere la rassegna, Voci nella tempesta che inserisce una tendenza importante: “Il teatro come voce delle memorie del territorio, un luogo in cui memorie, fantasmi, anime vagano. È importante ascoltarli e creare una comunità in cammino – ha concluso Rossini”.

Michele Mele ha portato al cuore di Francamente me ne infischio, spettacolo che trasfigura Via col vento, uno tra i romanzi e film americani più noti, e ne fa occasione per una maratona enciclopedica in cinque movimenti. “A Trento ne vedremo tre – specifica – e Rossella O’Hara sarà interpretata ogni volta da un’attrice diversa, presentando tre prospettive di analisi. Dalla prima parte che presenta una Rossella bambina che si innamora, e incarna l’american dream permettendo un incontro con miti e archetipi della cultura pop americana, si passa al capitolo di Atlanta e al focus sul lutto di Rossella. Nel gran ballo lei diventa una delle donne che raccolgono i fondi per i soldati. Il terzo pezzo 'Black' fa riferimento al razzismo americano. La drammaturgia si sposta su un piano molto visivo, proponendo un affresco con diversi linguaggi che si rincorrono e intrecciano”.

A concludere l’incontro Elena Marino, regista di Voci nella tempesta, spettacolo sulla Grande Guerra che propone invece una drammaturgia del territorio. “Dopo la tappa bolzanina, lo spettacolo è stato presentato con successo a Bologna – racconta la regista – ed è prevista una tappa viennese al Festival di drammaturgia internazionale. In scena tre figure femminili e una folla di donne. L’impegno è stato quello di partire da un coro di voci, dai diari di donne che raccontavano se stesse, per narrare una coralità ma anche singole storie, cercando di mantenere fluidità tra gli attori e il coro. Si assiste così a un continuo cambio di focus, dalla prospettiva individuale a quella più corale, fino quasi a voci esterne di commento alla vicenda, con un linguaggio visivo e fisico molto forte. Un intreccio con la parola quale creatrice di visione e di immaginario – conclude”.   

redazione

25/03/2015