Francamente me ne infischio

Al Teatro Sociale di trento uno spettacolo ispirato ad uno dei romanzi americani più noti e cinematografici, “Via col vento”

Teatro
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Benvenuti a Teatro
Stagione Tendenze Prosa

Produzione stabilemobile - compagnia Antonio Latella - La Corte Ospitale
Francamente me ne infischio
3 movimenti liberamente ispirati
a «Via col vento» di Margaret Mitchell
regia Antonio Latella
drammaturgia Federico Bellini, Linda Dalisi, Antonio Latella
con Caterina Carpio, Candida Nieri, Valentina Vacca
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro | VIE Festival
ringraziamenti Trippen (A. Spieth e M. Oehler, Berlin), Teatro Elfo Puccini, Teatro Comunale di Laurino, Laura Marinoni, Patrizia Bologna, Rosa Futuro

Liberamente ispirato a Via col vento di Margaret Mitchell, racconta l’America attraverso un personaggio “icona” come Rossella O’Hara ed esplora il mondo del teatro nella varietà dei suoi linguaggi.
Di questo colossal teatrale firmato da Antonio Latella, si è deciso di ospitarne solo una parte, i primi 3 movimenti, che posseggono comunque una loro organicità e chiusura.
In «Twins», la prima parte dello spettacolo, i gemelli Tarleton interrompono la corsa di Rossella verso l’amore dando inizio alla demolizione del doppio in un’America che non distingue più la realtà dalla finzione. L’atmosfera pop del primo movimento si colora di toni più cupi in «Atlanta», in cui il paesaggio è abitato da sciami di mosche che simboleggiano la morte che tutto avvolge. «Black» mostra infine le paure, le colpe e le ossessioni di Rossella, sullo sfondo di un’America che avanza grazie all’industria, al petrolio e alle armi.
Ad interpretare il ventaglio di sfumature che la drammaturgia evidenzia portando in scena debolezze e trionfi, albe e tramonti di un mondo femminile che riflette il sogno di ieri e la realtà di oggi, sono Caterina Carpio, Candida Nieri e Valentina Vacca. Tre volti per tre protagoniste che a turno diventano Rossella O’Hara.

 

“Tendenze Prosa”, il terzo segmento della Stagione teatrale 2014/2015 del Centro Servizi Culturali S. Chiara, si aprirà venerdì 27 marzo con uno spettacolo firmato da Antonio Latella. In scena al Teatro Sociale «Francamente me ne infischio», ispirato ad uno dei romanzi americani più noti e cinematografici, “Via col vento”. Si replica sabato 28 marzo alle ore 21,00. 

Regista affermato in tutta Europa e da sempre sperimentatore di nuovi linguaggi, Antonio Latella trasfigura uno dei romanzi americani più noti e cinematografici, “Via col vento”, e ne fa occasione per una maratona enciclopedica in cinque movimenti (a Trento vedremo in scena i primi tre) sul mito americano fra sogni, icone, attuali critiche e disillusioni.

«Se te ne vai, che ne sarà di me? Francamente me ne infischio». Latella ha scelto la citazione dell'ultimo scambio di battute fra Rhott e Rossella per dare il titolo a questo spettacolo, liberamente ispirato al romanzo di Margaret Mitchell dal quale Victor Fleming ha tratto nel 1939 il celeberrimo film. Il regista napoletano anche in questo lavoro lancia una sfida al pubblico rovesciando le convenzioni a cui siamo abituati, attraverso l’uso di un linguaggio scenico vitale, iconografico, simbolico e caleidoscopico, dove storia, miti e cultura pop parlano la lingua di un inconscio collettivo portato qui alla superficie.

Di questo colossal teatrale della durata di sei ore, di cui Latella ha curato anche la drammaturgia assieme a Federico Bellini e Linda Dalisi, si è deciso di ospitarne al “Sociale” solo una parte, i primi 3 movimenti, che posseggono comunque una loro organicità e chiusura. La novità di questa produzione non sta solo nel rileggere uno dei grandi classici sul cui sfondo si muove la costruzione del mito americano, ma anche e soprattutto nella varietà dei linguaggi teatrali impiegati, che rendono una sorta di ‘Manifesto’ delle tendenze oggi in teatro. Francamente me ne infischio racconta il teatro utilizzando una varietà di linguaggi eracconta l’America attraverso un personaggio ‘icona’ come Rossella O’Hara.

«Rossella – scrive Latella – è una giovane donna capricciosa e senza scrupoli che affronta tutte le difficoltà con spirito di conquista, incapace come il suo popolo di riconoscere la sconfitta anche quando se la trova davanti. Rossella si appresta ad andare incontro al futuro, pensando che dopotutto “domani è un altro giorno”. Tutto gira attorno a lei, tutti parlano di lei, tutti la descrivono in modo meraviglioso e poi la distruggono. Attraverso di lei si racconta una folle storia d’amore e l’epopea di una nazione. Rossella è brutta, ma bella. Rossella è una bambina. Rossella è la menzogna. Rossella è una donna testarda. Rossella è la smorfia, è il sorriso. Rossella è la paura di restare zitella. Rossella è la donna che non vuole sposarsi per restare libera. Rossella è la moglie che nessun uomo vorrebbe, ma che tutti sposano. Rossella è l’incapacità di essere madre. Rossella è la madre di tutti i figli che non sono suoi. Rossella è l’America.»

In «Twins», la prima parte dello spettacolo,  i gemelli Tarleton interrompono la corsa di Rossella verso l’amore dando inizio alla demolizione del doppio in un’America che non distingue più la realtà dalla finzione. Scrive al riguardo l'autore del testo, Federico Bellini: «Che cos’è il sogno americano? Un’utopia realizzata o soltanto un’industria che produce un continuo intrattenimento? Attraverso il mito di Rossella O’Hara entriamo nei grandi archetipi del Novecento americano: sogni, illusioni che dagli Stati Uniti arrivano fino a noi. Twins diventa così una sorta di prologo dell’intero lavoro, un punto di vista sull’America che ha esso stesso le caratteristiche del sogno. Schegge, frammenti di memoria, suggestioni affiorano dalla mente di Rossella; dal primo incontro con i gemelli Tarleton, lo spettacolo si muove in quell’immaginario pop di cui i nostri stessi sogni si nutrono, il grande sogno americano che ha bisogno, per la sua conservazione, anche della realtà della guerra.»

L’atmosfera pop del primo movimento si colora di toni più cupi in «Atlanta», in cui il paesaggio è abitato da sciami di mosche che simboleggiano la morte che tutto avvolge. «Rossella – spiega Linda Dalisi si guarda allo specchio e ci trova dentro Atlanta: città gemella che, come lei, spacca la corteccia del tempo in cui è nata e si proietta in un nuovo tempo; entrambe elaborano i tanti lutti ignorando le verità del sentimento e affidandosi alle sole forze del denaro, del progresso e della crescita. Si disegna un gioco speculare di identificazione tra Atlanta e Rossella, fino a una riflessione sulla perdita, sullo squarcio tra verità e desiderio, e su come il sogno di ricchezza e successo possa rendere soli. Qui lo sguardo su Rossella si tinge di nero, come un abito chiaro immerso in un catino di inchiostro e destinato a un lutto. “Non basta essere se stessi, in America” - dice Rossella - non basta la festa con tutte le sue decorazioni e le sue musiche, la cosa importante è dominare, essere la regina della pista, avere tutto e tutti, e dare l’illusione a ogni spasimante che crolla, che è bello così, che è giusto così, che è onorevole così. Così l’indispensabilità di ciò che è superiore bisbiglia ai nostri orecchi, e ci seduce, proprio come fa Rossella, fulminandoci imbronciata sotto al suo cappellino alla moda.»

«Black»mostra infine le paure, le colpe e le ossessioni di Rossella, sullo sfondo di un’America che avanza grazie all’industria, al petrolio e alle armi. «Black – ci dicono gli autori del testo drammaturgico – è un concerto a tre voci, dove si fronteggiano gli archetipi di culture da sempre in contrasto. Rossella incarna un’America violenta, brutale, che usa lo sfruttamento e l’oppressione come armi indispensabili per la propria avanzata; un Paese che sceglie di non avere più memoria, di cancellare la Storia relegandola a fastidioso rumore di fondo. Assistiamo così ad uno scontro ideale tra la nuova razza padrona e i suoi fantasmi, nel nome della sottomissione; la voce dei nativi indiani e quella dei neri, di cui Mami qui si fa ambasciatrice, divengono l’eco di una rivendicazione di dignità umana che ancora oggi, per pigrizia o convenienza, fingiamo di non sentire. Tre strati di pelle nera rivestono il nucleo vitale di Rossella: black come il buco nero del suo inventarsi uomo per inseguire il sogno di ricchezza alla pari con gli altri uomini; black come le sue radici di sangue misto, non puro come quello dei nativi; black il suo alter ego Mami. Tre voci, tre sfumature nere, tre forme di buio in cui sparire per la rinascita. Al centro Rossella armata, con i calli alle mani e gli occhi infuocati di chi per rompere uno schema finisce per rompersi. Ma la sua corsa non ha mai fine.»

In ragione dell'eccessiva durata dello spettacolo non saranno invece proposti a Trento il quarto movimento, che ruota attorno agli uomini di Rossella, personalità che riflettono un mondo in mutamento, ed il quinto, che si sofferma sul ritorno di Rossella a Tara, alle radici e alla terra.

Ad interpretare il ventaglio di sfumature che la drammaturgia evidenzia portando in scena debolezze e trionfi, albe e tramonti di un mondo femminile che riflette il sogno di ieri e la realtà di oggi, sono Caterina Carpio, Candida Nieri e Valentina Vacca. Tre volti per tre protagoniste che a turno diventano Rossella O’Hara, non solo attraverso la parola, ma anche attraverso il corpo vissuto e utilizzato come cassa di risonanza per amplificare un quadro sociale di soffocante conformismo. Scene e costumi sono stati ideati da Marco Di Napoli e Graziella Pepe, Franco Visioli ha curato le musiche e Simone De Angelis il disegno delle luci.

«Ciò che attende lo spettatore – scrive Nicola Arrigoni su “Sipario”è un lungo viaggio nel mito a stelle e strisce, è un oratorio laico sull'America e sui suoi sogni infranti, sul mito e la realtà del paese che si è fatto mondo. Il kolossal teatrale di Antonio Latella è affidato a Caterina Carpio, Candida Nieri, Valentina Vacca che a turno sono Rossella O'Hara, il corpo femminile di un'America che sa essere contraddittoria e spietata, che sogna e persegue con determinazione le sue ambizioni, un'America puritana e sfacciata, nostalgica e spregiudicata. L'America con tutte le sue contraddizioni.»

Per Maria Dolores Pesce, che ha recensito lo spettacolo su “Dramma.it”, si tratta di una «drammaturgia complessa, ricca di suggestioni e di stratificazioni, culturali e sentimentali, che mostrando i limiti di una relazione irrisolta, enfatizza la forza di un femminile che ha radici più profonde di ogni potere e di ogni guerra, che appare spesso sconfitto e ora sanguinante, ma forse perché la sua forza cresce, una relazione di cui la regia multi-segnica di Antonio Latella ricostruisce spessori, sovrapposizioni e pure contraddizioni, riconoscendone anche con onestà la parziale insondabilità che reclama attenzione e quindi rispetto. La struttura multi-mediale dello spettacolo poi sottolinea la coerenza narrativa di un testo che destruttura per decodificare e ricostruire un senso, con modalità che a volte ricordano la intensità estetica e drammaturgica di Edoardo Sanguineti.»

Venerdì 27 marzo il sipario del Teatro Sociale si alzerà su «Francamente me ne infischio» alle 20.30. Si replica sabato 28 alle ore 21.00. 


organizzazione: Centro Servizi Culturali S. Chiara