Castel Drena
Incastonato in uno straordinario scenario geologico, il castello di Drena conserva tutti i principali elementi di una fortezza medioevale
Il castello di Drena sorge alla sommità di un dosso roccioso in posizione dominante sul territorio a nord della conca dell’Alto Garda, caratterizzato dall’imponente frana glaciale nota come le “Marocche di Dro”: una distesa continua di grandi pietre che sbarra la valle, popolata solo da poche piante pioniere. Il castello, incombente sulla gola del rio Salagone, è in posizione strategica rispetto alla viabilità storica fra Arco e la valle di Cavedine: in antico, questa costituiva un’importante direttrice di collegamento fra il Garda e Trento, alternativa alla valle dell’Adige. Il dosso ha restituito le tracce di frequentazioni risalenti all’età preistorica e protostorica, nonché all’età altomedioevale (V-VI secolo d.C.), ulteriori indicatori di quanto il sito fosse propizio all’insediamento umano e all’esercizio precoce di funzioni di controllo territoriale.
La notizia più antica del castello risale al 1175, e precisamente alla vendita della fortezza dalla famiglia Seiano alla famiglia d’Arco. Alla fine del XII secolo o alla prima metà del XIII, in parallelo al crescere delle fortune della famiglia d’Arco presso la corte imperiale, potrebbero risalire alcune parti sostanziali del castello, quali la torre. Di certo dalla metà del Duecento il castrum Drenae fu, al pari di molti altri siti fortificati dell’Alto Garda, al centro delle violente contese fra le famiglie nobili del luogo, la contea tirolese e la Chiesa di Trento per il dominio sul territorio. Nel 1266 il controverso testamento di Cubitosa d’Arco, in aperto dissidio un altro ramo dei d’Arco, assegnò in eredità una parte del castello di Drena ai signori di Seiano, vicini e nemici dei signori arcensi. Nel 1301 queste lotte sfociarono nella conquista di Riva del Garda e di “multa alia castra”, fra cui anche Drena, da parte del principe vescovo di Trento Filippo Bonacolsi, deciso a ristabilire i propri diritti di sovranità a discapito dei conti del Tirolo e dei signori feudali. Parziale epilogo della vicenda fu l’accordo del 1315 fra il vescovo di Trento Enrico III di Metz e i conti d’Arco: a questi ultimi andava la giurisdizione civile delle Giudicarie, mentre il vescovo si faceva consegnare a titolo di garanzia per tre anni il castello di Drena. Ciò non bastò tuttavia ad attenuare il dissidio fra gli Arco, convinti assertori dei propri diritti esclusivi su Drena, e i vescovi di Trento, che di volta in volta ne reclamarono il diritto d’investitura; la situazione perdurò fino al 1433 quando anche Drena, come altri castelli del Sommolago, fu eretto a feudo imperiale assegnato agli Arco. Al Quattrocento risale una vasta campagna di lavori che diede alla fortificazione l’aspetto di una residenza più consona al gusto del tempo, pur senza rinunciare alle opere di difesa. Fatte salve alcune brevi parentesi, Drena rimase ai conti d’Arco fino al 1703. Quell’anno, segnato dal passaggio in Trentino delle truppe francesi al comando del duca di Vendôme, vide la fine del castello di Drena: incendiato e abbandonato, si ridusse successivamente ad un rudere, utilizzato fino all’inizio del Novecento come cava di materiali e ricovero per pastori e greggi. Dal 1984 presero infine avvio i lavori di consolidamento e restauro del castello, curati dalla Provincia autonoma di Trento.
La visita permette di osservare in più punti la roccia affiorante su cui è eretta la fortificazione, articolata in un nucleo sommitale cinto da mura, che si sviluppano in senso spiraliforme lungo il profilo del dosso. La parte centrale è dominata dallo svettante mastio, alto 25 metri e costruito in possenti blocchi lapidei squadrati e bugnati; accessibile fino alla sommità, offre un notevole panorama sulle “Marocche” e sull’Alto Garda. Accanto al mastio è stato rimesso in luce il perimetro murario della chiesa di san Martino, che fu eretta fra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo ed è stata identificata come il nucleo più antico su cui si impostò successivamente il complesso fortificato. Il palazzo comitale, per lo più databile ai rinnovamenti quattrocenteschi, si presenta oggi restaurato con la ricostruzione parziale delle coperture e dei solai; mostra alcuni notevoli elementi in pietra, come una grande arcata e alcune porte. Al Quattrocento risale la costruzione di una nuova piccola cappella addossata alla parete meridionale del mastio, in sostituzione dell’antica chiesa di san Martino, nel frattempo demolita; alla stessa epoca va attribuita l’organizzazione della corte interna, attorno alla quale si dispongono gli edifici residenziali e di servizio.
Luca Gabrielli, Soprintendenza per i beni culturali
Note sull'accessibilità del sito
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Il Castello ha un ampio parcheggio esterno al quale segue un tratto di strada asfaltata lungo 25 metri con pendenza del 10% circa e un altro tratto, lungo 60 metri, con fondo in acciottolato sconnesso e pendenza del 23% circa. Il portone all’ingresso, largo due metri, è sempre aperto. La zona interna al Castello ha pavimentazione mista: sterrato irregolare, percorsi in pietra, tratti sassosi, acciottolato e ghiaia con pendenze massime del 33%. Accesso al giardino con 20 gradini e alla Sala Mostra con 18 gradini. Accesso ai servizi igienici, non dedicati, con gradino di 25 cm.
Rilevazioni eseguite dal personale della Cooperativa HandiCREA